Archivio Attualità

Rosario Angelo Livatino, vent’anni dopo

Sono trascorsi vent’anni dalla scomparsa del collega Rosario Angelo Livatino, magistrato che ha saputo onorare la toga e trasmettere con il suo esempio quei valori di cui ancora la magistratura ha bisogno. E’ significativo ricordare il Suo pensiero e coglierne l’attualità.
«(…) Il tema della politicizzazione dei giudici-  disse Livatino – si inserisce a pieno titolo nel dibattito sui problemi della giustizia e nell’analisi del rinnovato rapporto tra il magistrato ed il tessuto sociale nella cui trama egli si colloca. Tanto con riferimento all’atteggiamento che, talvolta, i giudici avrebbero assunto, o potrebbero assumere, presentando all’opinione pubblica l’immagine di una giustizia parziale, fiancheggiatrice del potere politico, di un partito politico o di un gruppo di potere, pubblico o privato».
«(…) Il giudice, oltre che essere deve anche apparire indipendente, per significare che accanto ad un problema di sostanza, certo preminente, ve n’è un altro, ineliminabile, di forma. L’indipendenza del giudice, infatti, non è solo nella propria coscienza, nella incessante libertà morale, nella fedeltà ai principi, nella sua capacità di sacrificio, nella sua conoscenza tecnica, nella sua esperienza, nella chiarezza e linearità delle sue decisioni, ma anche nella sua moralità, nella trasparenza della stia condotta anche fuori delle mura del suo ufficio (…); l’indipendenza del giudice è infine nella sua credibilità, che riesce a conquistare nel travaglio delle sue decisioni ed in ogni momento della sua attività».
Rosario Livatino, un giudice di Canicattì assassinato da sicari della Mafia il 21 settembre 1990. Al Tribunale di Agrigento, dove dal 29 settembre 1979 al 20 agosto 1989, Livatino ricopre l’incarico di Sostituto Procuratore della Repubblica. Qui si occupa delle più delicate indagini antimafia, ma anche di criminalità comune. Si occupa anche dell’indagine che poi negli anni ’90 verrà conosciuta come la “Tangentopoli siciliana”. Livatino mette a segno numerosi colpi contro la Mafia, attraverso lo strumento della confisca dei beni e combattendo la corruzione in maniera molto forte. Il magistrato fu ucciso in un agguato mafioso la mattina del 21 settembre 1990 sul viadotto Gasena della SS 640, che collega Agrigento a Caltanissetta, mentre si recava in Tribunale senza scorta e con la sua auto privata.
Le qualità di Rosario Livatino, l’umiltà, la professionalità, il rispetto per le parti, la riservatezza, il desiderio di dare ai cittadini una giustizia certa costituiscono un patrimonio per tutti coloro che amano questa nostra professione.
Rosario Livatino ha tracciato una strada di estrema dedizione allo Stato che ancora oggi è e deve essere punto di riferimento per tutti noi: il desiderio di ascoltare gli altri, di riflettere, l’invito a confrontarsi sempre con passione e pazienza costituiscono il patrimonio che ci ha lasciato.
Quando morì, e purtroppo ancora oggi, Livatino era pressoché sconosciuto, tanto che in occasione della sua uccisione la stampa fu costretta a reperire l’unica sua foto disponibile, quella sul documento di identità. Un «servitore dello Stato», questo si considerava Rosario Livatino e così lo ricordiamo noi.

*Magistrato

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