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Gheddafi, don Gianni e Casini. Meno ipocrisia e più realismo

Sono in molti a gioire della caduta del tiranno Gheddafi ma, anzitutto, cadrà davvero?
Un esperto di regimi islamici come Carlo Panella non ci giurerebbe: «Non è affatto detto. La “meccanica” del regime libico è totalmente diversa rispetto a quella di Mubarak e Ben Alì. Gheddafi è un vero leader, ha personalmente condotto a termine il golpe con il quale si è autoproclamato capo indiscusso del suo Paese e ha una forte presa sull’esercito».
Ciò che è utile osservare, tuttavia, è che – come ha osservato Silvio Berlusconi ieri – il rischio è quello di spalancare le porte all’estremismo islamico.
Interpellata dal Predellino al riguardo anche la presidente delle donne marocchine in Italia, Souad Sbai, profonda conoscitrice del mondo musulmano, ha confermato questo timore: «A me però pare che vi sia un disegno esterno a Tunisa, Egitto e Libia che punta a spalancare le porte ai movimenti estremistici che questi tanto deprecati regimi avevano arginato».
Si gioisce per la caduta di Gheddafi, fingendo di non sapere, insomma, che dopo questi c’è il vuoto. E può dunque esserci tutto, più probabilmente il rischio del fanatismo religioso, come è dimostrato indirettamente dalle fatwe lanciate contro lo stesso Gheddafi e dall’incitamento alla rivolta da parte di indiscutibili predicatori dell’odio come al-Qadarawi. È pertanto assai difficile dividere il campo, come sembrano fare molti osservatori della cosiddetta “grande stampa” italiana e continentale, tra “buoni” e “cattivi”.
A noi però interessa capire cosa abbia rappresentato Gheddafi nel tempo e per questo ci affidiamo alle parole di una voce eternamente fuori dal coro come don Gianni Baget Bozzo. Anzitutto il sacerdote genovese guardava ai rapporti italo libici con gli occhi del realismo:
« Fortunati gli spagnoli, che trovano sull’altra sponda del Mediterraneo il governo amico del re del Marocco, che, nonostante il dissenso sulle enclaves di Ceuta e di Melilla, di pertinenza spagnola in terra marocchina, è tanto ben disposto verso Madrid da usare le armi contro coloro che vogliono immigrare clandestinamente.
E ancora fortunati, gli spagnoli, perché trovano un altro governo amico, quello del Senegal, che accetta di riprendersi, con viaggi organizzati bilateralmente, gli immigrati che hanno tentato di raggiungere le isole Canarie. Non si scelgono i propri vicini. Noi – sottolineava Baget – abbiamo di fronte un cavallo di razza come Muammar Gheddafi, che ha fatto della Libia un potere forte, dandole esistenza autonoma rispetto al mondo arabo e a quello africano.
Egli ha ricreato un nazionalismo libico che ha costituito una barriera impenetrabile al fondamentalismo islamico e, quindi, al terrorismo. I rapporti della politica italiana con il Colonnello sono così intensi che, quando il presidente Reagan decise di bombardare da Lampedusa la residenza di Gheddafi, il governo Craxi, con Andreotti ministro degli Esteri, avvertì il presidente libico del pericolo che lo minacciava.
Così il governo italiano, pur così fedele all’Alleanza atlantica, fece un’eccezione ad essa per proteggere la singolare Libia di Gheddafi. Il governo Berlusconi ha firmato un accordo con la Libia dando al suo leader molte soddisfazioni economiche e politiche, sino a giungere a un altro sgarbo verso l’Alleanza atlantica, promettendo al governo di Tripoli che Lampedusa non sarebbe stata più usata come base di lancio di missili contro obiettivi libici.
In questo vi è piena continuità con i governi precedenti, che tutti avevano compreso l’importanza di un rapporto con una Libia retta da una così forte personalità». Chi oggi esulta per la caduta del tiranno e stigmatizza l’accordo di realpolitik italo-libico finge di ignorare la realtà dei fatti: si è passati da 36 mila clandestini del 2008 ad appena 3 mila nel 2010 proprio grazie all’intesa con il Colonnello. E, dopo 60 anni, le Frecce Tricolori hanno nuovamente solcato il cielo di Tripoli.
Oggi Gheddafi accusa Stati Uniti e Italia di aver armato i manifestanti, ma non c’è alcun sentimento di ostilità anti occidentale da parte sua, egli intende solamente sfilarsi da un conflitto inter islamico che ha contribuito a travolgere Mubarak, abbandonato dalle autorità religiose musulmane e sostenuto, si fa per dire, solamente da Israele.
Con l’eccezione di Pierferdinando Casini, che è intervenuto ieri alla Camera in modo inequivocabile, ci scontriamo tuttavia con un’opposizione che, ancora una volta, preferisce il coretto antiberlusconiano alla tutela degli interessi nazionali e alla comune valutazione sulle strategie più utile a preservarli.
(Il Predellino).

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