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La visita di Benedetto XVI nel Regno Unito

Benedetto XVI è un Papa che fa la storia. Come la fecero i grandi Papi riformatori del Medioevo, che seppero riproporre la freschezza e la novità del fatto cristiano in tempi confusi e difficili. La vera riforma – ha spiegato più volte Ratzinger, già da cardinale – non è infatti un cambiamento di struttura, ma è un’opera di purificazione del cuore e della ragione, di disincrostazione e di rimozione di ciò che non è essenziale alla fede cristiana. Questo è stato evidente anche nel viaggio nel Regno Unito, conclusosi domenica con la cerimonia di beatificazione del cardinale John Henry Newman. Una figura che Benedetto ha indicato come simbolo del dialogo fruttuoso tra fede e ragione, come maestro di vera educazione, e soprattutto come uomo che ha saputo rispondere con coraggio e senza riserve alla vocazione di Dio. Tre temi, questi, che hanno fatto da filo conduttore della visita papale, e che suggeriscono un percorso di rinnovamento spirituale nel quale il Pontefice individua il punto di ripartenza non soltanto per la presenza cristiana nel mondo, ma anche per una convivenza sociale solida e feconda, che sappia davvero mettere al centro la persona umana nella sua integralità.
Fede e ragione. La questione del rapporto tra fede e ragione è stata al centro dell’intervento di Benedetto XVI alla Westminster Hall, di fronte alle autorità civili britanniche. Esistono dei principi morali – ha detto il Papa – che sono accessibili alla ragione umana anche «prescindendo dal contenuto della rivelazione», e che possono fornire il «fondamento etico delle scelte politiche». Questo significa che compito della Chiesa e dei cristiani non è tanto quello di indicare dall’alto alla società norme morali a cui può attingere il lume naturale dell’intelletto di ciascuno, credente o meno che sia, quanto quello di «aiutare nel purificare e gettare luce sull’applicazione della ragione nella scoperta dei principi morali oggettivi». Ciò implica da un lato che alla religione venga riconosciuto quel ruolo pubblico che non di rado oggi le viene negato, nelle società secolarizzate, in nome di una concezione della fede come mero fatto privato; dall’altro lato, occorre che anche la religione riconosca il ruolo purificatore della ragione per non cadere preda del settarismo e del fondamentalismo, «forme distorte di religione» che «possono mostrarsi esse stesse causa di seri problemi sociali». La prospettiva indicata da Papa Ratzinger è ancora una volta quella di una sana laicità, alla quale egli richiama sia i non credenti che i credenti: «Il mondo della ragione ed il mondo della fede – il mondo della secolarità razionale e il mondo del credo religioso – hanno bisogno l’uno dell’altro e non dovrebbero avere timore di entrare in un profondo e continuo dialogo, per il bene della nostra civiltà».
L’educazione. Questo tema è stato affrontato dal Pontefice nell’incontro con i rappresentanti delle scuole cattoliche e poi nell’omelia durante la messa di beatificazione del cardinale Newman. Affinché divenga possibile un fruttuoso dialogo tra fede e ragione, è necessario che alla base vi sia un percorso educativo che valorizzi integralmente la persona umana, preparandola a «vivere la vita in pienezza». E’ quello per cui si è speso il beato John Henry Newman: «Fermamente contrario – ha detto il Papa – ad ogni approccio riduttivo o utilitaristico, egli cercò di raggiungere un ambiente educativo nel quale la formazione intellettuale, la disciplina morale e l’impegno religioso procedessero assieme». Si tratta di un’educazione alla sapienza intesa non soltanto come sapere intellettuale, ma come apertura alla realtà nel suo complesso e all’ampiezza delle domande che abitano il cuore di ciascuno. E’ la dimensione trascendente dello studio e dell’insegnamento che è stata «chiaramente compresa dai monaci che hanno così tanto contribuito alla evangelizzazione di queste isole»: fu il loro impegno a «gettare le fondamenta della nostra cultura e civiltà occidentali».
La vocazione. Oscurato dai media – che hanno preferito in molti casi porre l’accento esclusivamente sulle dichiarazioni del Papa a proposito dei casi di pedofilia nel clero -, è stato forse questo il punto che più stava a cuore a Benedetto XVI per il suo viaggio nel Regno Unito. Lo si è intuito nella veglia di preghiera ad Hyde Park in preparazione alla cerimonia di beatificazione di Newman, quando di fronte a centomila giovani – un numero superiore alle attese, che ha sconfessato i soliti uccelli del malaugurio che annunciavano giorni cupi per il Pontefice in Gran Bretagna – Ratzinger ha parlato del cammino di conversione del cardinale inglese e ha ricordato una delle sue meditazioni: «Dio mi ha creato per offrire a lui un certo specifico servizio. Mi ha affidato un certo lavoro che non ha affidato ad altri». Così diviene chiaro che il dinamismo della fede cristiana non è destinato a rimanere relegato nella sfera privata: l’adesione personale alla verità rivelata, a Cristo che è «via, verità e vita», è per sua natura risposta pubblica ad un compito specifico a cui si è chiamati. Questo è particolarmente urgente in un tempo nel quale «una profonda crisi di fede è sopraggiunta nella società». Rivolgendosi quindi ai giovani, il Papa li ha invitati «ad operare per la diffusione del Regno impregnando la vita temporale dei valori del Vangelo», non avendo paura della chiamata di Dio, ma essendo aperti «alla Sua voce che risuona nel profondo del cuore». Come il cardinale Newman, la cui nota espressione «Cor ad cor loquitur», scelta come motto del viaggio pontificio, «permette di penetrare nella sua comprensione della vita cristiana come chiamata alla santità, sperimentata come l’intenso desiderio del cuore umano di entrare in intima comunione con il Cuore di Dio». La vocazione universale dei cristiani alla santità passa per il «sì» di ciascuno al compito che Dio gli ha assegnato. Così vive il cristianesimo nella storia, e così lo ha riproposto Benedetto XVI nei suoi intensi quattro giorni nel Regno Unito (Ragionpolitica).

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