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Un manuale d’amore scritto dalle donne

Micol è bionda, ha gli occhi vedi e gambe lunghissime. Seduce con il corpo, la mente e la follia. E’ una ragazza forte e fragile, introversa e irriverente allo stesso tempo. Di sicuro libera.
Sceglie di vivere in una favola, in un castello che si erge sulle colline della Toscana. Con un marito più grande di lei, un uomo di affari che le lascia il tempo di compiere allegramente le sue infedeltà. Roberto passa lì quasi per caso, dovrebbe portare a termine un lavoro importante, fondamentale per dare il via a una carriera di successo.
Ma viene travolto, anche a causa delle sue insicurezze, dal fascino ribelle di una ragazza capace di dettare fino in fondo i tempi dell’amore. Per fortuna che un’altra donna, anche lei autonoma e determinata, saprà ricondurre il nostro sulla retta via. Sara, futura moglie di Roberto, dopo tanti dubbi e paure, deciderà di riprendersi il suo fidanzato e di condurlo all’altare.
E che dire di Viola? L’avvenente figlia di un portinaio trapiantato a Roma che stravolgerà, dopo anni spensieratamente trascorsi negli strip club parigini, la vita di un anziano e depresso professore americano e metterà su una famiglia che ormai, in fin dei conti, tanto anomala non è?
Micol, Sara e Viola sono le protagoniste del primo e del terzo episodio di Manuele d’amore 3, film di Giovanni Veronesi proiettato in questi giorni nelle sale italiane. Sono donne del terzo millennio, padrone assolute del loro destino. Svolgono solo all’apparenza un ruolo da comprimarie, ma in realtà la storia gira intorno alla loro spiccata personalità.
Non sono, come si legge spesso in questi giorni, vittime di un mondo maschilista, ma nel bene e nel male riescono a fare la differenza. Al netto delle forzature cinematografiche, si può asserire che incarnano, con i loro pregi e difetti e meglio di qualsiasi slogan post femminista, la donna di oggi.
Oltre gli stereotipi politici, culturali ed ideologici. Ben oltre quelle faziose strumentalizzazioni che ridimensionano la sua immagine. Qui, sul grande schermo, appaiono antiche virtù ma anche quelle caratteristiche tipiche di un’emancipazione che pone il suo essere sempre più al centro della scena.
Le debolezze del cosiddetto sesso forte, invece, vengono raffigurate nel secondo episodio del film. Quello dedicato all’esilarante Fabio, giornalista di successo che tradisce col suo fare ridicolo e maldestro il luogo comune che vuole, sempre e a tutti i costi, giustificare taluni rapporti attraverso la collaudata logica dell’abuso di potere.
E’ fuorviante dare troppo credito alla realtà raccontata al Cinema e pretendere di scovare tutte le volte significati sociologici in un prodotto creato per intrattenere il pubblico, ma a questa pellicola – se bella o brutta lo decideranno esperti e botteghino – va senza dubbio riconosciuto il grande merito di averci proposto donne spogliate dalla retorica martellante di certi intellettuali e libere di scrivere le regole di un manuale di sesso, amore e passione lontano dai frastuoni della polemica militarizzata degli ultimi tempi.
 
(www.ilpredellino.it). 
 

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