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Giorgio VI, un politico da Oscar

Il discorso del re racconta l’amicizia, la solitudine, le debolezze e la forza degli uomini. Racconta un pezzo importante di Storia entrando, con garbo e dolcezza, nella vita privata di chi si ritrova a combattere con i propri demoni e con le proprie infinite paure: grande ostacolo posto lungo la via che porta ad un successo improvviso e inatteso.
Niente effetti speciali o colpi di scena, non c’è sangue e non c’è azione: la lentezza del film, diretto da Tom Hopper e magistralmente interpretato, tra gli altri, dal migliore Colin Firth, viene riempita da strepitosi dialoghi e dal legame magico che si instaura tra il futuro re, Giorgio VI, e il suo bizzarro ed estroso logopedista.
Le vicende della famiglia reale inglese, le contraddizioni degli anni ’30, l’imminente avvento della seconda guerra mondiale fanno da sfondo alle insicurezze di un personaggio terribilmente vero, lontano dai miti della propaganda bellica e politica e vicinissimo alla gente comune.
La balbuzie, i rapporti difficili con il fratello maggiore (lo spavaldo Eduard che mollerà il trono per la fatale Wallis Simpson) e l’austero e implacabile padre Giorgio V, il complesso d’inferiorità che attanaglia un individuo mite, quasi ingenuo e lo costringe, con la straordinaria complicità di un’irriverente e spassoso “esperto” australiano, ad affrontare di petto e senza preconcetti e pregiudizi la sua stessa esistenza e poi a sconfiggere, attraverso l’arma della purezza, i suoi troppi nemici interiori.
Il sovrano che non riusciva nemmeno a raccontare una fiaba alle proprie figlie, saprà parlare alla Nazione, riscaldare il cuore dei suoi sudditi in vista del drammatico conflitto mondiale.
E’ l’esaltazione dell’uomo imperfetto e del mondo libero, di colui che trasforma i suoi difetti in virtù e che quindi si pone in netta contrapposizione alle derive autoritarie e totalitarie (fondate appunto sul super uomo) di quel nazismo e di quel comunismo che stanno in quel periodo infettando l’Europa.
Sperando di non esagerare, si può affermare che si tratta di una vera e propria lezione di civiltà. In una pellicola che, senza alcuna supponenza o risvolti moralistici, ci ricorda che la semplicità, l’ironia, la leggerezza e la spontaneità hanno un tale effetto dirompente da poter annientare qualsiasi delirio di onnipotenza.
Qualsiasi assolutismo. In barba a tutto coloro che, ancora oggi, in politica e non solo, pretendono di fare “pulizia” convinti della loro superiorità etica e intellettuale.
Il discorso del re ha conquistato (meritatamente) ben 12 candidature agli Oscar. E siamo sicuri che la stessa Academy che un anno fa ha bocciato (tra il clamore dei soliti benpensanti) quel polpettone ambientalista che risponde al nome di Avatar, saprà dare il giusto riconoscimento a un prodotto autenticamente originale e di indubbia qualità (il Predellino). 

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