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Su Pio XII una fiction fedele alla storia

C’è una scena della miniserie Sotto il cielo di Roma – la fic­tion in due puntate su Pio XII e la razzia del ghetto ebraico dell’ottobre 1943, in programma su Raiuno il 31 ottobre e il 1˚ novembre nella quale si vede Papa Pacelli, interpretato da James Cromwell, che per giustificare la sua decisione di non pronunciare un pubblico appello contro il rastrellamento nazista, afferma: «Non mi è possibile schierarmi con un popolo contro un altro… ». Come se la denuncia di una tremenda violenza contro la popolazione inerme potesse rappresentare uno strappo alla neutralità diplomatica della Santa Sede. Non era questo il motivo che spinse Pio XII, la cui figura è ben tratteggiata nella fic­tion, a mantenere un atteggia­mento prudente nelle parole. Il Papa, nel giugno 1943, pochi me­si prima della tragedia che si sarebbe abbattuta sulla comunità ebraica romana, in merito agli aiuti ai perseguitati, aveva pub­blicamente dichiarato: «Ogni parola da noi rivolta a questo scopo alle competenti autorità e ogni nostro pubblico accenno, dovevano esser da noi seriamente p­onderati e misurati nell’interesse dei sofferenti stessi, per non rendere, pur senza volerlo, più grave e insopportabile la loro situazione». È tutto qui il dramma di Eugenio Pacelli negli anni della guerra. E la sua decisione, contestatissima e discussa, era stata assunta non per paura, non per neutralità, ma nella convinzione che con Hitler ogni appello sarebbe risultato inutile e soprattutto avrebbe reso impossibile alla Chiesa l’azione caritativa che stava svolgendo. La miniserie prodotta dalla Lux Vide si discosta dalle precedenti dedicate ai Papi – da Giovanni XXIII a Papa Luciani, da Giovanni Paolo II a Paolo VI – perché questa volta non c’è l’intenzione ( o la pretesa) di raccontare una vita intera. Ma soltanto gli eventi accaduti nella capitale nel giro di pochi mesi. Le inesattezze storiche dovute a licenze di sceneggiatura non sono molto rilevanti: poco cambia, ad esempio, se a convocare a colloquio l’ambasciatore tedesco per protestare per la razzia del ghetto iniziata da poche ore sia, nella fiction, il Sostituto Giovanni Battista Montini, quando in realtà fu il cardinale Segretario di Stato Luigi Maglione, cioè il «numero due» del Vaticano in quel mo­mento. O se il Papa viene ritratto di notte mentre prega per la conversione di Hitler, mentre invece è attestato che tentò un esorcismo perché lo riteneva un vero indemoniato. Forse l’unico dettaglio che si sarebbe dovuto evitare è l’incontro diretto di Pio XII con un esponente della comunità ebraica che si era recato in Vaticano per chiedere dell’oro, necessario per raggiungere quei cinquanta chili che Herbert Kappler, con una beffa, pretese dagli israeliti in cambio della loro incolumità alla vigilia del rastrellamento. Quell’ebreo era l’allora rabbino capo di Roma, Israel Zolli (che dopo l’arrivo degli Alleati deciderà di farsi cristiano e si battezzerà con il nome di Eugenio in onore del Pontefice): è vero che andò Oltretevere per chiedere l’oro, ma non è vero che abbia incontrato Pacelli. Anche se fu il Papa a ordinare che i chili mancanti fossero resi disponibili. Dalla fiction emerge bene la grande opera di carità messa in atto dal Vaticano su impulso di Pio XII. Nella capitale della cristianità, su circa 750 case religio­se presenti, almeno 290 ospitaro­no per alcuni mesi degli ebrei, per un totale di circa 4.500. Numeri documentabili e documentati, con ogni probabilità da aumentare, dato che le condizioni oggettive imponevano pruden­za e diversi testimoni orali atte­steranno che allora non si pensava di tenere documentazione scritta, perché era molto rischioso. Oggi c’è ancora chi,mostrando poca dimestichezza con i meccanismi ecclesiali, continua a ripetere che tutto questo si sarebbe prodotto grazie a isolati slanci di generosità,all’insaputa del Papa e delle alte gerarchie. Non si nega, perché non si può negare,l’aiuto che venne dato ai perseguitati e in particolare agli ebrei, nascosti nei conventi e vestiti da religiosi. Ma si dice che Pio XII non sapeva, perché manca un ordine scritto che attesti la volontà del Pontefice. È noto come manchi anche un ordine scritto di Hitler relativo all’orribi­le «soluzione finale» per gli ebrei, eppure oggi nessuno dubita che l’indicazione venisse da lui. Anche se il Papa non è paragonabile a un dittatore assoluto, è pur sempre un sovrano. E ipotizzare che sotto le sue finestre 4.500 ebrei venissero accolti nei conventi, compresi quelli di clausura, senza la sua approvazione o addirittura a sua insaputa appare veramente insostenibile. (il Giornale)

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