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RAPPORTO CEPEJ 2010: L’ANALISI DI PAVICH (MAGISTRATURA INDIPENDENTE)

È stato pubblicato nei giorni scorsi il nuovo rapporto sullo stato della giustizia in Europa, curato dalla CEPEJ, l’apposita commissione istituita presso la UE. Il rapporto, come sempre molto analitico e documentato, fornisce anche quest’anno dati e percentuali notevolmente diversi da quelli usati da buona parte dei mass media italiani per descrivere il funzionamento del sistema giustizia nel Belpaese e la capacità dei magistrati italiani di smaltire il lavoro.
Così, anche quest’anno, chi volesse darsi la pena di leggere le quasi 400 pagine del rapporto troverebbe alcune categoriche smentite a quanto si dice in giro sulla giustizia italiana e soprattutto su chi la amministra.
Scoprirebbe, ad esempio, che il numero dei giudici e dei pubblici ministeri italiani, se rapportato al numero di abitanti, non è così alto, anzi è nella fascia bassa della graduatoria, e che  anzi molti Paesi hanno un numero molto superiore al nostro di giudici e pubblici ministeri onorari, ossia non di carriera. Quindi, il fatto che i magistrati italiani siano troppi è una leggenda metropolitana. E discorso identico vale per il personale di cancelleria e amministrativo.
Il volenteroso lettore scoprirebbe poi che nella giustizia civile, e ancor più in quella penale, le  cause che ogni anno arrivano sulle scrivanie dei magistrati italiani sono molte, molte di più di quelle affidate ai colleghi di quasi tutti gli altri Paesi europei; ma è quasi identico, e quindi anch’esso elevatissimo,  il numero di processi che ogni anno vengono esauriti dai nostri giudici: segno evidente che, sebbene non si riesca a intaccare significativamente l’elevato numero di cause arretrate, ciò non è dovuto a scarsa laboriosità dei nostri magistrati, ma soprattutto al numero ingentissimo di processi sopravvenuti ogni anno, ed è già un miracolo se quelli che vengono definiti sono pari a oltre il 90 % di quelli nuovi. Con tanti saluti alla fandonia del “giudici fannulloni”.
Quanto poi al capitolo retribuzioni, i magistrati italiani viaggiano poco oltre la metà classifica rispetto agli altri Paesi dell’UE: ma va considerato che in graduatoria ci sono i magistrati dell’Est europeo (i cui bassi stipendi risentono delle condizioni economiche di quei Paesi); mentre ad esempio i nostri giudici e PM sono meno pagati dei colleghi francesi, spagnoli e anche greci, per non parlare di quelli inglesi, specie considerando gli stipendi al netto delle tasse. Viene quindi smontata anche la favoletta dei “magistrati italiani superpagati”.
Siamo tuttavia ai primi posti per la spesa globale per la giustizia; ma anche qui il dato cambia del tutto se rapportato alla spesa per numero di abitanti (dove siamo nelle posizioni di metà classifica) e al trend della spesa, che è in netta diminuzione.
Sarebbe insomma ora che chi propone riforme della giustizia non fornisca cifre e valutazioni fuori della realtà, ma tenga conto dei numeri reali, per valutare e affrontare correttamente l’annosa crisi della giustizia in Italia.

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