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Ru 486, terribile dono natalizio della Turco

C’è un ultimo dono che l’ex ministro Livia Turco presenta agli italiani alla vigilia del Santo Natale. Si tratta della probabile commercializzazione nel nostro Paese della terribile Ru486, la pillola abortiva che va assunta intorno al 49° giorno di gravidanza e che provoca il distacco dell’embrione già impiantato nell’utero.
Fermarne la commercializzazione in Italia sarà difficilissimo, anche se l’attuale governo ha già promesso battaglia. Il governo Prodi, pur se sfiduciato, ha dato il via libera al farmaco nel mese di febbraio. L’agenzia del farmaco (Aifa) tra poche ore potrebbe dare l’ok tanto che, già lunedì, l’Unità di Concita De Gregorio ne celebrava la notizia con l’apertura di prima pagina. Sarebbe un successo della sinistra nichilista e abortista e una sconfitta della Vita e del Paese. Già, perché al di là del mezzo, che cambia, la sostanza resta sempre la stessa: ancora e sempre aborto. L’azienda produttrice francese, la Exelgyn, è pronta; annuncia addirittura di aver già tradotto in italiano il foglietto illustrativo e la confezione. Il sottosegretario alla Salute Eugenia Roccella – decisamente contraria alla Ru486 – spiega che ‹‹il parere tecnico scientifico è stato dato, ma questo non vuol dire che avremo presto la pillola negli ospedali perché ci sono tutta una serie di punti da definire››. Quello della Roccella sembra tra l’altro non essere un punto di vista meramente politico. Luciano Bovicelli, ordinario di ginecologia e ostetricia all’università di Bologna, ad esempio, si è espresso nelle ultime ore con particolare durezza a proposito della pillola abortiva: ‹‹Un tragico passo indietro – ha detto Bovicelli – altro che conquista! E’ inequivocabilmente dimostrato che l’aborto da Ru486 è molto più rischioso del normale aborto chirurgico. Lo confermano parecchie riviste scientifiche tra le più prestigiose››.
Ma cos’è questa Ru486? È un prodotto chimico basato su un potente antiormonale che interrompe l’annidamento dell’embrione nell’utero e provoca l’aborto. A differenza della cosiddetta ‘pillola del giorno dopo’, che può essere assunta entro e non oltre le 72 ore dal rapporto sessuale, la Ru486 può essere presa fino al 49° giorno dall’ultimo ciclo mestruale. Veniamo adesso al lungo elenco di informazioni spesso taciute dai media che fanno considerare l’introduzione della Ru486 come una pessima notizia. Anzitutto il suo tasso di efficacia: nel 5% dei casi si rende necessario ugualmente un aborto chirurgico, in alcune casistiche la percentuale sale all’8% ma il valore oscilla a seconda del Paese. A Cuba il tasso dei fallimenti è arrivato al 16%. Inoltre l’uso di questa pillola è incompatibile con la normativa vigente, ovvero la tanto citata legge 194. Per la legge 194, infatti, la gestante deve rivolgersi al consultorio o ad una struttura sociosanitaria abilitata, per svolgere i necessari accertamenti medici (mentre i medici devono aiutarla a rimuovere le cause che la spingono all’aborto). Un tale percorso, con una pausa di riflessione richiesta alla donna di 7 giorni, è difficilmente compatibile con l’uso della Ru486 che richiede tempi ristretti.
Sempre a proposito della Ru486 non possono poi essere taciuti i dati forniti dal sottosegretario alla Salute, Eugenia Roccella, che nel recente passato ha anche scritto un triste libro La favola degli aborti facili, documentando 16 morti sospette causate dalla kill pill.
Ma della morte sospetta di quattro donne in appena due anni in California si è occupata anche una rivista autorevole come The New England Journal of Medicine. Le donne erano state colpite da una rara infezione da Clostridium Sordelli dopo essersi sottoposte ad aborto chimico con la Ru486.
La spiegazione dei fatti è stata affidata a un articolo firmato da 13 esperti appartenenti ad importanti istituzioni mediche americane. La chiave di lettura dei dati è preoccupante: le morti da aborto chimico negli Usa sono 1 su 100.000, da confrontare con quelle per aborto chirurgico registrate nello stesso periodo della gravidanza: 0,1 su 100.000. Una mortalità dieci volte maggiore, quindi, nel caso della pillola abortiva!
Inoltre il NEJM (New England Journal of Medicine) nel marzo del 2000 ha passato in rassegna diverse sperimentazioni di aborto farmacologico, e a quelle eseguite con mifepristone e misoprostol assegna un’efficacia media del 95%, specificando che l’effetto collaterale più pesante è dato dalle abbondanti perdite di sangue, fino a quantità quasi doppie rispetto a quelle per aborto chirurgico. Pure la durata delle perdite è maggiore: si cita in particolare uno studio in cui il 9% delle donne ne ha per oltre trenta giorni, e l’1% per più di sessanta. Anche gli altri effetti collaterali – nausea, vomito, dolori addominali – sono di maggiore entità.
Viene sottolineato che l’aborto medico può essere scelto solo se si ha facilmente accesso a centri specializzati in grado di intervenire chirurgicamente, visto che si potrebbe avere necessità di trasfusioni. Viene ripetuto che il metodo chirurgico è più efficace (99%).
Invece nella sperimentazione presentata da Spitz e dai suoi collaboratori, sempre nel NEJM ma due anni prima, l’efficacia media è del 92%. Il 75% delle donne espelle il “prodotto del concepimento” entro le 24 ore dalla somministrazione del misoprostol. Il 68% ha ricevuto antidolorifici e l’ospedalizzazione è stata necessaria nel 2% dei casi, per interventi chirurgici ma talvolta anche per l’eccessivo dolore e vomito. Il 4% ha avuto infezioni virali. I dati si riferiscono ad aborti fino al 49esimo giorno di gestazione, dopo il quale l’efficacia della procedura chimica diminuisce.
Insomma, nonostante le fanfare dell’Unità, la Ru486 è tutt’altro che una conquista. Ma proprio mentre divampa la polemica su questa pericolosa pillola abortiva perché non affrontare questo tema con un approccio diverso?
Tutta l’attenzione data alla Ru486, pillola che serve solo a rendere l’aborto più facile e veloce, dovrebbe essere invece spostata su una questione molto più urgente: la necessità  di offrire un adeguato sostegno a tutte quelle donne che sono obbligate da motivi economici ad abortire. L’acceso dibattito che puntualmente si apre quando si parla di aborto, non affronta regolarmente uno degli aspetti più urgenti che riguarda molte donne italiane: l’aborto per motivi economici. Invece di limitarsi a offrire sempre più facilitazioni per rendere l’aborto più veloce dovrebbe essere preoccupazione di tutti – Sinistra compresa – affrontare il fenomeno aiutando tutte quelle donne che non possono per motivi economici fare la scelta di portare a termine la gravidanza e tenere il proprio bambino. La questione delle difficoltà  economiche, causa molto diffusa nella scelta di abortire per la donna, deve essere affrontata con decisione, perché uno Stato civile deve mettere la donna nella condizione di operare una scelta veramente libera, garantendole sostegno economico nel caso decida di portare a termine la gravidanza. Una vera politica della maternità  deve partire da questo: dove lo Stato spende circa diecimila euro per ogni interruzione di gravidanza, si dovrebbe offrire almeno la stessa cifra a chi decide di portare a termine la gravidanza, ed eventualmente dare in adozione il bimbo godendo del completo anonimato, garantendo così una parità  di trattamento economico per ambedue le scelte.
Sarebbe molto più sano e molto più giusto che non introdurre la Ru486 in Italia

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