“Abbiamo creato – si legge nel messaggio inviato da Silvio Berlusconi alla manifestazione dei circoli di Gianni Alemanno – il più grande protagonista della politica italiana, un grande partito popolare e nazionale animato dal principio della libertà, che la maggioranza degli italiani attendeva da tempo e che proprio per questo dobbiamo far crescere, organizzandolo sempre meglio sul territorio, e garantendo la piena partecipazione democratica a tutti gli iscritti e a tutti gli elettori secondo quanto previsto dallo statuto per lo svolgimento dei congressi provinciali e comunali senza lasciare spazio – avverte poi il premier – a contrapposizioni correntizie che ne paralizzerebbero la vita”.
Eccolo, in poche righe, il Pdl che sogna il Cavaliere. Nulla di nuovo sotto il sole cocente di fine luglio. Il numero uno del Popolo della Libertà ha sempre affermato la volontà di creare un partitito diverso da tutti gli altri, estraneo alle logiche e alla storia del secolo scorso e capace di interpretare meglio il volere dei cittadini, garantendo loro governi stabili e duraturi.
Questa è la doppia sfida: un soggetto in grado raccogliere le istanze della base e di non farsi imbrigliare da regole da caserma, potentati e meccanismi vari che ne rallentano la sua funzione, di favorire il più possibile il confronto e il dibattito, senza perdere mai di vista però la sua missione principale: sostenere con forza un esecutivo credibile e autorevole.
Si tratta del famigerato partito leggero, che non vive per contemplare se stesso, non si chiude a riccio come una casta qualsiasi e non pone tra le sue priorità la guerra tra correnti. E’ inevitabilmente eterogeneo, plurale, ma le sue diversità trovano la giusta sintesi in un chiaro processo democratico che mette all’angolo minoranze rumorose e mortifica sul nascere le lotte intestine.
Un partito che deve avere il coraggio di selezionare, dal basso, la sua classe dirigente, aprendosi senza remore al mondo della Rete, delle associazioni, dei circoli, dei club e di tutto ciò che vivacizza i contenuti senza ostacolarne la crescita.
Un partito che deve coltivare gli ideali di un popolo, ma poi li deve sapere pure concretizzare. Deve decidere e mettere in pratica, attraverso l’istituzione di governo e palmento, aspirazioni e scelte dei cittadini. Altrimenti è pura e inutile accademia.
Un partito che deve segnare definitivamente il passaggio alla repubblica degli elettori. Dove è la democrazia verticale – e non la burocrazia orizzontale – a dettare le regole. Poche e semplici regole che ne favoriscono trasparenza e dinamicità.
Significative, a riguardo, le parole di un ex An del calibro di Altero Matteoli. Così si è espresso ieri il ministro al Corriere della Sera: “Il confronto va benissimo ed è legittimo. Ma poi, quando si riuniscono gli organi istituzionali, le decisioni della maggioranza devono essere rispettate da tutti, altrimenti ci si mette fuori dal partito” (Il Predellino).
Eccolo, in poche righe, il Pdl che sogna il Cavaliere. Nulla di nuovo sotto il sole cocente di fine luglio. Il numero uno del Popolo della Libertà ha sempre affermato la volontà di creare un partitito diverso da tutti gli altri, estraneo alle logiche e alla storia del secolo scorso e capace di interpretare meglio il volere dei cittadini, garantendo loro governi stabili e duraturi.
Questa è la doppia sfida: un soggetto in grado raccogliere le istanze della base e di non farsi imbrigliare da regole da caserma, potentati e meccanismi vari che ne rallentano la sua funzione, di favorire il più possibile il confronto e il dibattito, senza perdere mai di vista però la sua missione principale: sostenere con forza un esecutivo credibile e autorevole.
Si tratta del famigerato partito leggero, che non vive per contemplare se stesso, non si chiude a riccio come una casta qualsiasi e non pone tra le sue priorità la guerra tra correnti. E’ inevitabilmente eterogeneo, plurale, ma le sue diversità trovano la giusta sintesi in un chiaro processo democratico che mette all’angolo minoranze rumorose e mortifica sul nascere le lotte intestine.
Un partito che deve avere il coraggio di selezionare, dal basso, la sua classe dirigente, aprendosi senza remore al mondo della Rete, delle associazioni, dei circoli, dei club e di tutto ciò che vivacizza i contenuti senza ostacolarne la crescita.
Un partito che deve coltivare gli ideali di un popolo, ma poi li deve sapere pure concretizzare. Deve decidere e mettere in pratica, attraverso l’istituzione di governo e palmento, aspirazioni e scelte dei cittadini. Altrimenti è pura e inutile accademia.
Un partito che deve segnare definitivamente il passaggio alla repubblica degli elettori. Dove è la democrazia verticale – e non la burocrazia orizzontale – a dettare le regole. Poche e semplici regole che ne favoriscono trasparenza e dinamicità.
Significative, a riguardo, le parole di un ex An del calibro di Altero Matteoli. Così si è espresso ieri il ministro al Corriere della Sera: “Il confronto va benissimo ed è legittimo. Ma poi, quando si riuniscono gli organi istituzionali, le decisioni della maggioranza devono essere rispettate da tutti, altrimenti ci si mette fuori dal partito” (Il Predellino).