Archivio di Spettacolo

Perché gli italiani amano Sophie Kinsella e Marco Travaglio

Lo si deve ammettere, a prima vista l’accostamento sembrerebbe un po’ bizzarro. Ed effettivamente lo è. Che legame potrebbe mai far associare una scrittrice inglese come la Kinsella, laureata in economia ad Oxford, abituata ad andare per negozi quando assalita dal blocco dello scrittore, e Marco Travaglio, laureato in storia contemporanea a Torino nonché celebre personaggio scomodo dei salotti italiani?
Lei è la famosa autrice di I love shopping, romanzetto fra i più venduti nelle librerie italiane, da cui è stato tratto persino un film e una fortunata serie di sequel narrativi. Le donne la adorano, poiché tutte, o quasi, si rispecchiano nella protagonista, Rebecca, autoironica e un po’ impacciata, dal conto in banca sempre scoperto, che si divincola nei suoi guai finanziari quotidiani per tentare di raggiungere quel pizzico di felicità in più, quella sensazione di benessere e serenità che scaturisce dall’acquistare un capo di abbigliamento o un articolo per la casa. É l’apologia del consumismo, è il veritiero ritratto sociale dell’era moderna, che possiede già tutto e non è più preoccupata dalla lotta per la sussistenza, ma si impegna in una frenetica gara dell’accumulazione del futile. Sophie Kinsella, in questo romanzo, sapientemente intriso di note di ilarità, ha saputo tratteggiare con leggerezza la donna-tipo del ventunesimo secolo.
Lui, invece, è il Paolini della cronaca giudiziaria e il re dell’antiberlusconismo. Sta sempre lì, dietro l’angolo, in guardia. Pronto a mettersi dietro le telecamere della magistratura, non appena scorge che le due copertine di un fascicolo non collimano. Querelato da parecchi personaggi della politica e del jet set italiano, Marco Travaglio continua imperterrito nella sua donchisciottesca profusione di inchieste e imputazioni informali, quasi volesse arrogarsi il compito di “pubblico ministero dei consumatori”. É questo, infatti, il trionfo del “consumismo giudiziario”: i lettori di Travaglio amano saziarsi di dovizie di particolari, di prove, ai loro occhi inconfutabili, degli innumerevoli misfatti compiuti dalla nostra classe governante. Anche Travaglio, quindi, ha colto nel segno: il ritratto dell’uomo del ventunesimo secolo rivela una classe media spesso non appagata, antipolitica e forse un po’ pettegola. I francesi direbbero “Quels raleurs, les italiens”!
Ebbene, cos’hanno in comune i due scrittori? A parte che le loro nuove uscite sono sempre in cima alle classifiche, Kinsella e Travaglio sono stati in grado di decifrare, assimilare e poi divulgare, rispettivamente, l’essenza dell’universo femminile e maschile contemporaneo.

Riguardo l'autore

vocealta