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Passo indietro di Alfonso Marra (Unicost)

Tra inghippi procedurali e ricorsi a Tar e Consiglio di Stato contro eventuali delibere del Csm di trasferimento per «incompatibilità ambientale», avrebbe potuto arroccarsi sulla poltrona di presidente della Corte d’Appello di Milano per i prossimi tre anni fino alla pensione. Ma l’ufficio ne sarebbe uscito a pezzi, preda di incertezze nella gestione organizzativa e orfano di serenità nei giudici dei processi. Così in Alfonso Marra (Unità per la Costituzione, la corrente del presidente dell’Anm Luca Palamara) è maturata l’idea delle dimissioni. Un passo indietro nell’interesse dell’ufficio, confida ai colleghi più vicini, che restituisca tranquillità alla Corte d’Appello milanese scombussolata dalle intercettazioni romane a carico dell’ex giudice tributario Pasquale Lombardi.
Le conversazioni intercettate sul telefono di Lombardi (giudice tributario molto introdotto fra le toghe benché geometra) sono quelle che avevano indirettamente captato Marra mentre con Lombardi s’informava sui sostegni che potessero convincere gli «indecisi» nel Csm a preferirlo al giudice Renato Rordorf (candidato di Magistratura democratica, ndr) nella corsa per la presidenza della Corte d’Appello milanese; e poi, una volta nominato per 14 voti a 12, mentre riceveva dal proprio sponsor Lombardi pesanti sollecitazioni, però mai accolte, a far riammettere la lista Formigoni che tre giudici d’Appello milanesi avevano inizialmente escluso dalle elezioni regionali su ricorso dei radicali per irregolarità nelle firme raccolte.

La toga di più alto grado del distretto lascia dunque la magistratura. Il presidente della Corte d’Appello di Milano, in precedenza di Brescia, ex coordinatore penale del Tribunale milanese, e prima ancora pm del processo a Renato Vallanzasca (21 anni) o dell’indagine sul rapimento di Emanuela Trapani (ostaggio liberato e banditi condannati), va in pensione con tre anni di anticipo. Anche se in queste ore di vigilia della fissata audizione al Csm c’è chi, come il suo difensore al Csm Piercamillo Davigo, gli consiglia ancora di resistere. Di restare al proprio posto. E di usare il precedente al Tar di Clementina Forleo per far valere quelle farraginosità procedurali che vizierebbero la pratica di «incompatibilità ambientale» aperta in luglio dal Csm.

La tentazione di resistere fa ancora capolino in Marra (non indagato in sede penale) quando nel suo entourage si infervora nel ribadire che ai suoi occhi Pasquale Lombardi, lungi dal rivelarsi componente di quella «associazione segreta» che la Procura di Roma contesta anche ad Arcangelo Martino e Flavio Carboni (curiosamente fatto arrestare nel 1980 proprio da Marra per la bancarotta del Banco Ambrosiano), appariva il fondatore di un Centro Studi giuridico che dava del «tu» al presidente della Cassazione e a un nugolo di membri del Csm; asserisce di non avergli chiesto interventi sul Csm, ma informazioni su come i vari consiglieri si stessero orientando; e rimarca, citando un segretario come testimone, di aver messo alla porta Lombardi frustrandone le aspettative sulla questione della lista Formigoni (poi riammessa soltanto dal Tar), al punto tale da meritarsi dall’intercettato Lombardi l’indispettito apprezzamento «quello è uno stronzo».

Ma l’impulso di giocare ancora il proprio destino personale si stempera nella consapevolezza della stasi che la situazione attuale sta oggettivamente creando in Corte d’Appello. E nei sfavorevoli segnali, tutt’altro che di fumo, lanciati dai corridoi del Palazzo di giustizia milanese. Persino i giudici che (anche tra le correnti togate agli antipodi di Marra) testimoniano come egli non abbia mai interferito su alcun processo manifestano però l’imbarazzo per le telefonate, nelle quali il magistrato sembra voler influire impropriamente sulla sua nomina o quantomeno accettare che Lombardi lo faccia in suo favore con il sottosegretario Caliendo, il presidente della Cassazione Carbone, il vicepresidente del Csm Mancino e i consiglieri Tinelli, Saponara e Ferri; telefonate in cui, a dispetto delle intenzioni, finisce per essere lambito da centri di potere affaristici che possono, se non condizionare l’esercizio delle funzioni di presidente della Corte, appannarne comunque l’immagine. Un sentimento sfociato nell’assemblea dell’Anm milanese il 28 settembre alla vigilia dell’interrogatorio di Marra davanti all’Avvocato generale della Cassazione nel procedimento disciplinare nel quale lo sta difendendo il neoprocuratore aggiunto della Direzione nazionale antimafia Pierluigi Dell’Osso, allorché 160 magistrati avevano espresso il loro «forte disagio per la vicenda che ha coinvolto il vertice della Corte d’Appello», ed auspicato «un passo indietro al fine di liberare l’istituzione da ogni ombra di sospetto». Una contro-raccolta di firme ha poi visto 60 magistrati esprimergli «stima» personale, come pure l’Ordine degli avvocati. Ma Marra, ormai, ha scelto di non opporre firme a firme.

 

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