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Le migliori canzoni? Sono quelle vecchie

Per noi conservatori (o diciamo pure vecchi «ascoltatori risentiti», adattando la definizione che Adorno dava dei fanatici di jazz)la nuova classifica delle 500 canzoni migliori di sempre è il Santo Graal. Perchè sostanzialmente è identica a quella precedente e perché – viva la tradizione – non cambierà mai. Al primo posto c’è inamovibile il caos organizzato della dylaniana Like a Rolling Stone e al secondo Satisfaction dei Rolling Stones(entrambe del ’65), al quarto e al quinto (tributo alla musica nera, cui il rock dovrebbe accendere tutti i giorni una candela votiva) gli inni soul What’s Going On di Marvin Gaye e Respect di Aretha Franklin (ma l’originale è di Otis Redding). I primi dieci posti sono dominati dai ’60 con l’intrusione dei Nirvana che tengono alta la bandiera dei ’90 (per trovare un altro brano dell’epoca bisogna scendere al 37 con gli U2 di One e poi addirittura al 165 e 170 con Nothing Compares 2 You e Losing My Religion di Sinead O’Connor e Rem). La classifica è un tripudio di pura black music che va da A Change Is Gonna Come al blues Mannish Boy di Muddy Waters, dalle Supremes a James Brown; una festa di r’n’r e rock anni ’70: spopolano Elvis, Everly Borthers, Johnny Cash, Animals, Cream, Bo Diddley, Who, Led Zeppelin (la sinfonia Stairway to Heaven è al numero 31 e poi rispuntano un po’ ovunque), fino a chiudere con il grande dimenticato Smokey Robinson. «Gaudeamus igitur», ovvero godiamocela, sicuri della nostra coerenza con le radici del rock ma un po’ preoccupati per il suo futuro. Va beh che togliere dai primi posti Imagine di Lennon, Hey Jude e Yesterday dei Beatles e Purple Haze di Hendrix sarebbe – con rispetto parlando – come eliminare dal Louvre la Venere di Milo o la Gioconda, ma i capolavori del ’90 saranno davvero solo Personal Jesus dei Depeche, Summer Babe dei Pavement, i Nirvana e il bizzarro Loser di Beck, inno della generazione lo-fi inciso nella cucina di un amico? Un po’ poco. Se gli U2 sono gli indiscutibili traghettatori del rock nel nuovo secolo (sono ovunque e soprattutto al numero 160 con Moment of Surrender del 2009)tanto di cappello ma c’è poco da stare allegri. Si facciano avanti i giovani e non solo i rapper come Jay-Z (172esimo con 99 Problems) o Kanye West (al 273 con Jesus Walks)o i furbacchioni come M.I.A. che spopolano con Paper Planes (campionamento di Straight to Hell dei Clash con sottofondo di spari). Le buone idee pagano come l’incontro tra indie rock e dance che porta in classifica i Franz Ferdinand e il rock dei Coldplay (Clocks è al 490). Il colpo di scena è al numero 100, dove spicca Crazy (maggio 2006) dei Gnarls Barkley (il dj-produttore Danger Mouse e il rapper Cee Lo). Il pezzo è costruito su un campione di Last Man Standing dei nostri Gian Piero e Gianfranco Reverberi e quindi non è neppure originale, ma precede You Can’t Always get What You Want degli Stones e Voodoo Child di Hendrix. Un po’ di coraggio dunque: anche se il passato pesa cominciate a darci le grandi canzoni del 2000. Altrimenti – visto che siam vecchi – sarem costretti a dar ragione a Guccini quando canta: «venite pure avanti inutili cantanti di giorni sciagurati/buffoni che campate di versi senza forza avrete soldi e gloria ma non avete scorza».
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