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Telelavoro e voglia di sonaglini

Hai 28 anni e una vita che potrebbe ispirare la sceneggiatura  di un film come “Generazione 1000 euro”. Una mattina, rigorosamente in pausa pranzo, riesci a prendere al volo quella visita dalla ginecologa che rimandavi da almeno sei mesi. Solo rispondendo a quelle domande di rito, ti rendi conto che hai un ritardo di due giorni. Sei lì un po’ incredula (sei riuscita a non accorgerti nemmeno di questo!), e lei ti dice: “Ma tu sei fidanzata, ricordo bene?”. Tu rispondi con un timido sì, e lei incalza: “Voglio dire: è una storia solida, hai 28 anni, prima o poi… Basta organizzarsi!”. In quel momento, forse per la prima volta, realizzi quanto un bambino lo vorresti davvero o quantomeno vorresti poter iniziare a pensarci, ma la ginecologa è stata un po’ troppo ottimista o, forse, semplicemente molto fortunata. Se il 27% delle donne dopo la maternità abbandona il lavoro, forse “organizzarsi” oggi non è più sufficiente. Come si fa a pagare una tata o un asilo nido a tempo pieno in una grande città come Roma o Milano con due stipendi normali? Il problema può essere organizzativo se si vive in un piccolo paese oppure quando ci sono tutti e quattro i nonni in forze, ma per la maggior parte delle donne la realtà è diversa. Gli asili hanno liste d’attesa talmente lunghe che bisogna iscriversi al quarto mese di gravidanza, per non parlare dell’annosa questione degli asili aziendali di cui nel nostro Paese non esiste traccia. La tentazione di arrendersi è forte, ma sarà proprio così folle ritenere che non sia concepibile una situazione del genere nell’epoca di Internet? Esiste una giornata nazionale del telelavoro – in Belgio la percentuale di coloro che prestano la loro attività con questo metodo è raddoppiata negli ultimi sette anni – ma in Italia alcuni pensano al “telelavoro” ancora come un neologismo degli anni ’90.  Una ricerca condotta dalla Kelly Services, su seimila dipendenti di aziende italiane, rivela che il lavoro flessibile produrrebbe effetti importanti sui livelli di occupazione, favorendo la creazione di nuovi posti di lavoro e la conservazione di quelli esistenti. Il lavoratore infatti da casa ottimizza meglio i tempi e ciò è ancora più vero per una neomamma che deve imparare a destreggiarsi tra poppate, pannolini e gestione della casa. Per non parlare del risparmio per le aziende: risparmio su postazioni e costi annessi come luce e infrastrutture, risparmio di benzina, miglioramento della qualità del lavoro; addirittura si riduce la quantità di Co2 immessa nell’aria! Possiamo rinunciare ad un caffè con i colleghi, che ne dite? (Dalla rubrica “Donne, Avanti!” pubblicata sul quotidiano Avanti! mercoledì 1 dicembre 2010)

 

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