Più se ne parla e più sembra assurda l’idea dell’«ora di islam» nelle scuole italiane. La proposta più sensata forse è quella dell’assessore alla Pubblica istruzione del Comune di Roma, Laura Marsilio, favorevole all’introduzione nelle scuole della storia delle religioni (tutte): un’idea di cui si parla da anni ma che non è mai stata realmente applicata. E poi, chi terrebbe le lezioni sull’islam? Dei musulmani laici e illuminati che, inevitabilmente, verrebbero condannati a una fatwa mortale dagli integralisti?
Si poneva queste domande – ieri, sul Corriere della Sera – Vittorio Messori, arrivando alla stessa conclusione. Nel suo articolo, Messori arrivava anche all’ottimistica previsione per cui «l’Occidente si rivelerà per l’islamismo una trappola mortale. I nostri valori e, più ancora, i nostri vizi, corroderanno e, alla fine, faranno implodere una fede il cui Testo fondante non è per nulla in grado di affrontare la critica cui sono state sottoposte le Scritture ebraico-cristiane». Insomma, finiranno per prevalere le minigonne, la sessualità a 360 gradi, i panini al prosciutto e la libertà.
Me lo auguro anch’io e lo credo possibile, anzi probabile, ma ci vorranno tempi lunghi. Ce lo insegna proprio la storia della critica cui sono state sottoposte in Occidente le Scritture ebraico-cristiane, il cristianesimo stesso, il cattolicesimo. Secoli fa anche l’Italia era sottoposta all’integralismo religioso. Non occorre scomodare l’Inquisizione e i roghi per dimostrarlo: chi andava contro la Chiesa era sottoposto al rischio gravissimo di scomunica, il clero aveva un potere enormemente superiore a quello di oggi, anche nella vita civile, e il peccato era quasi sempre sinonimo di reato. Per cambiare questo stato di cose sono occorsi secoli e enormi eventi epocali: l’influsso della Riforma, il progredire delle scienze (con conseguente caduta delle credenze acquisite nel latte materno), il progressivo rafforzarsi dei poteri civili, l’illuminismo, la Rivoluzione francese, l’Unità d’Italia, l’industrializzazione, il modernismo, la scolarizzazione di massa, e l’elenco potrebbe continuare.
Pur senza rinunciare ai suoi princìpi fondamentali, la Chiesa cattolica ha dovuto rinunciare, secolo dopo secolo, alla possesso del corpo – ovvero del comportamento – dei cittadini, venendo a patti con la modernità, cioè con le esigenze dei suoi stessi fedeli. Mi basta ricordare che, quando ero piccolo (non molto tempo fa) vigeva l’obbligo del venerdì di digiuno e della messa in chiesa tutte le domeniche, obbligo oggi stemperato dalle necessità alimentari e dalla possibilità di assistere alla messa per televisione.
I musulmani in Italia e in Europa si trovano dunque in una situazione di straordinaria tolleranza religiosa. Però appartenendo – culturalmente e per nascita – a una situazione opposta, di rigida obbedienza alle regole. Si lasceranno sedurre dalla libertà che possiamo offrire, o preferiranno combatterla fino in fondo? A lume di buon senso e di logica, spero e credo che finirà per prevalere la prima ipotesi. Perché «libertà», in questo caso, significa piaceri: chiamateli pure vizi, ma sono piaceri. Tutti noi, specialmente chi vive nelle grandi città, ha sotto gli occhi esempi quotidiani di musulmani che non vivono davvero secondo le regole inflessibili della loro religione. D’altra parte tutti abbiamo letto di ragazze uccise dai familiari perché violavano le norme coraniche.
È duro, per noi, l’incontro-scontro con una religione nata per organizzazioni tribali e sostanzialmente fondata ancora sulle leggi arcaiche dell’Antico Testamento. Ma sarà ancora più duro lo scontro all’interno dello stesso mondo musulmano, fra gli integralisti e chi tenterà di adattare una fede antica e orientale con la vita occidentale e contemporanea. Le guide religiose non trascureranno alcuna forma di pressione, anche violenta, per mantenere intatto l’odio contro «l’infedele» e preservare la purezza della loro fede. E troveranno sempre dei fanatici religiosi, anche giovani, pronti a sacrificare pure la vita in attentati e violenze pur di combattere il nostro stile di vita, la nostra fede, la nostra stessa esistenza, decisi a interpretare ogni concessione come un disprezzabile segno di debolezza. Per questo motivo occorre sorvegliare i capi religiosi, che non incitino a infrangere le nostre leggi: in attesa che – come i monaci in Occidente – si riducano da gruppo di potere numeroso a un’esigua minoranza isolata.
Sarà un conflitto che durerà decenni, con fasi alterne a seconda di – imprevedibili – eventi internazionali. Di certo scoppieranno conflitti all’interno della loro organizzazione, come nella nostra (velo-non velo ecc.). Alla «Riforma» in atto nella vita quotidiana di molti islamici verrà opposta una dura «Controriforma» degli Stati islamici e delle autorità religiose in Occidente. Dobbiamo prepararci a un percorso difficile e appena iniziato. Ma, alla fine, finirà per prevalere il bene più prezioso di cui un essere umano possa disporre: la possibilità di poter scegliere. Così sia (da IlGiornale).
Si poneva queste domande – ieri, sul Corriere della Sera – Vittorio Messori, arrivando alla stessa conclusione. Nel suo articolo, Messori arrivava anche all’ottimistica previsione per cui «l’Occidente si rivelerà per l’islamismo una trappola mortale. I nostri valori e, più ancora, i nostri vizi, corroderanno e, alla fine, faranno implodere una fede il cui Testo fondante non è per nulla in grado di affrontare la critica cui sono state sottoposte le Scritture ebraico-cristiane». Insomma, finiranno per prevalere le minigonne, la sessualità a 360 gradi, i panini al prosciutto e la libertà.
Me lo auguro anch’io e lo credo possibile, anzi probabile, ma ci vorranno tempi lunghi. Ce lo insegna proprio la storia della critica cui sono state sottoposte in Occidente le Scritture ebraico-cristiane, il cristianesimo stesso, il cattolicesimo. Secoli fa anche l’Italia era sottoposta all’integralismo religioso. Non occorre scomodare l’Inquisizione e i roghi per dimostrarlo: chi andava contro la Chiesa era sottoposto al rischio gravissimo di scomunica, il clero aveva un potere enormemente superiore a quello di oggi, anche nella vita civile, e il peccato era quasi sempre sinonimo di reato. Per cambiare questo stato di cose sono occorsi secoli e enormi eventi epocali: l’influsso della Riforma, il progredire delle scienze (con conseguente caduta delle credenze acquisite nel latte materno), il progressivo rafforzarsi dei poteri civili, l’illuminismo, la Rivoluzione francese, l’Unità d’Italia, l’industrializzazione, il modernismo, la scolarizzazione di massa, e l’elenco potrebbe continuare.
Pur senza rinunciare ai suoi princìpi fondamentali, la Chiesa cattolica ha dovuto rinunciare, secolo dopo secolo, alla possesso del corpo – ovvero del comportamento – dei cittadini, venendo a patti con la modernità, cioè con le esigenze dei suoi stessi fedeli. Mi basta ricordare che, quando ero piccolo (non molto tempo fa) vigeva l’obbligo del venerdì di digiuno e della messa in chiesa tutte le domeniche, obbligo oggi stemperato dalle necessità alimentari e dalla possibilità di assistere alla messa per televisione.
I musulmani in Italia e in Europa si trovano dunque in una situazione di straordinaria tolleranza religiosa. Però appartenendo – culturalmente e per nascita – a una situazione opposta, di rigida obbedienza alle regole. Si lasceranno sedurre dalla libertà che possiamo offrire, o preferiranno combatterla fino in fondo? A lume di buon senso e di logica, spero e credo che finirà per prevalere la prima ipotesi. Perché «libertà», in questo caso, significa piaceri: chiamateli pure vizi, ma sono piaceri. Tutti noi, specialmente chi vive nelle grandi città, ha sotto gli occhi esempi quotidiani di musulmani che non vivono davvero secondo le regole inflessibili della loro religione. D’altra parte tutti abbiamo letto di ragazze uccise dai familiari perché violavano le norme coraniche.
È duro, per noi, l’incontro-scontro con una religione nata per organizzazioni tribali e sostanzialmente fondata ancora sulle leggi arcaiche dell’Antico Testamento. Ma sarà ancora più duro lo scontro all’interno dello stesso mondo musulmano, fra gli integralisti e chi tenterà di adattare una fede antica e orientale con la vita occidentale e contemporanea. Le guide religiose non trascureranno alcuna forma di pressione, anche violenta, per mantenere intatto l’odio contro «l’infedele» e preservare la purezza della loro fede. E troveranno sempre dei fanatici religiosi, anche giovani, pronti a sacrificare pure la vita in attentati e violenze pur di combattere il nostro stile di vita, la nostra fede, la nostra stessa esistenza, decisi a interpretare ogni concessione come un disprezzabile segno di debolezza. Per questo motivo occorre sorvegliare i capi religiosi, che non incitino a infrangere le nostre leggi: in attesa che – come i monaci in Occidente – si riducano da gruppo di potere numeroso a un’esigua minoranza isolata.
Sarà un conflitto che durerà decenni, con fasi alterne a seconda di – imprevedibili – eventi internazionali. Di certo scoppieranno conflitti all’interno della loro organizzazione, come nella nostra (velo-non velo ecc.). Alla «Riforma» in atto nella vita quotidiana di molti islamici verrà opposta una dura «Controriforma» degli Stati islamici e delle autorità religiose in Occidente. Dobbiamo prepararci a un percorso difficile e appena iniziato. Ma, alla fine, finirà per prevalere il bene più prezioso di cui un essere umano possa disporre: la possibilità di poter scegliere. Così sia (da IlGiornale).