Prendi un quarantenne stralunato, il fantasma della mitica Marilyn Monroe, una coppia gay di pasticcieri, un’ex moglie che lavora al circo e una romantica e malinconica Firenze.
Gli ingredienti ci sono tutti per dare vita all’ennesima favola natalizia di Pieraccioni, quella che per tradizione ruota intorno all’amore e alla contagiosa ed esilarante simpatia del suo protagonista.
Ma non fatevi ingannare: la presenza dell’affascinante spettro (molto simile all’originale e maldestramente doppiato), non aggiunge fantasia alla storia. E’ solo un pretesto, una trovata per confondere inizialmente le carte e per celare la vera natura dell’ultimo lavoro del comico toscano. Il film, al di là di ogni pronostico, ha il sapore forte della sofferenza, dell’inquietudine, della sconfitta umana di chi non riesce a tenersi una donna e vive con ansia il rapporto con la figlia adolescente e il ruolo marginale nella tipica famiglia allargata del terzo millennio.
Altro che sogno e magia, questa è la commedia più amara di Leonardo Pieraccioni. Anche la risata diventa un optional, l’aspetto comico passa in secondo piano, surclassato dalla fragilità di un personaggio che suscita tenerezza e a volte quasi compassione.
Si rompe quindi un filone che andava avanti con successo da oltre un decennio. Leonardo tenta il fatidico salto di qualità, in linea con la sua maturità artistica.
L’esperimento, però, non riesce fino in fondo. Perché Pieraccioni resta ancora nel guado, non se la sente di rompere bruscamente con il passato e con la sua fortunata tradizione cinematografica e produce un cambiamento solo graduale, sin troppo timido.
A questo punto “Io e Marilyn” rischia, col passare dei minuti, di perdere la sua identità, perennemente in bilico tra lo spensierato e il drammatico, tra la leggerezza e la riflessione. Alla fine il risultato è confuso. E il film s’impantana in una zona morta.
Ci restano piacevoli sorrisi, sporadiche risate e la coinvolgente, romantica atmosfera fiorentina. Troppo poco per uno che vuole entrare (e i numeri ci sono) nella leggenda della gloriosa commedia italiana.
Forza Leonardo, la prossima volta osa di più. Il talento e la simpatia, grazie a Dio, non mancano. Ma servono idee chiare e una massiccia dose di coraggio.
Gli ingredienti ci sono tutti per dare vita all’ennesima favola natalizia di Pieraccioni, quella che per tradizione ruota intorno all’amore e alla contagiosa ed esilarante simpatia del suo protagonista.
Ma non fatevi ingannare: la presenza dell’affascinante spettro (molto simile all’originale e maldestramente doppiato), non aggiunge fantasia alla storia. E’ solo un pretesto, una trovata per confondere inizialmente le carte e per celare la vera natura dell’ultimo lavoro del comico toscano. Il film, al di là di ogni pronostico, ha il sapore forte della sofferenza, dell’inquietudine, della sconfitta umana di chi non riesce a tenersi una donna e vive con ansia il rapporto con la figlia adolescente e il ruolo marginale nella tipica famiglia allargata del terzo millennio.
Altro che sogno e magia, questa è la commedia più amara di Leonardo Pieraccioni. Anche la risata diventa un optional, l’aspetto comico passa in secondo piano, surclassato dalla fragilità di un personaggio che suscita tenerezza e a volte quasi compassione.
Si rompe quindi un filone che andava avanti con successo da oltre un decennio. Leonardo tenta il fatidico salto di qualità, in linea con la sua maturità artistica.
L’esperimento, però, non riesce fino in fondo. Perché Pieraccioni resta ancora nel guado, non se la sente di rompere bruscamente con il passato e con la sua fortunata tradizione cinematografica e produce un cambiamento solo graduale, sin troppo timido.
A questo punto “Io e Marilyn” rischia, col passare dei minuti, di perdere la sua identità, perennemente in bilico tra lo spensierato e il drammatico, tra la leggerezza e la riflessione. Alla fine il risultato è confuso. E il film s’impantana in una zona morta.
Ci restano piacevoli sorrisi, sporadiche risate e la coinvolgente, romantica atmosfera fiorentina. Troppo poco per uno che vuole entrare (e i numeri ci sono) nella leggenda della gloriosa commedia italiana.
Forza Leonardo, la prossima volta osa di più. Il talento e la simpatia, grazie a Dio, non mancano. Ma servono idee chiare e una massiccia dose di coraggio.