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Cosa cambia (e cosa no) nella stampa cattolica

La stampa cattolica non deve mai essere «di parte» e dare spazio a «interessi politici». Questo il succo dell’omelia del segretario di Stato, il cardinale Tarcisio Bertone, durante la messa celebrata in occasione del congresso della stampa cattolica che si è svolto a Roma dal 4 al 7 ottobre scorso.
Bertone ha invitato i media cattolici a non «cedere alla tentazione, purtroppo sempre presente, di dare spazio a interessi di parte o settari – politici, economici o persino religiosi – per servire senza tradimenti soltanto quello che Manzoni chiamò “il santo vero”, la verità».
Il cardinale ha continuato: «È a voi ben noto che i media non sono mai del tutto mezzi “neutri”. Sono al contempo mezzo e messaggio, generando una nuova cultura; pertanto i responsabili dei processi comunicativi, come ha osservato Benedetto XVI in occasione della Giornata mondiale delle comunicazioni sociali dello scorso anno, sono chiamati a promuovere una cultura di rispetto per la dignità e il valore della persona umana. È questa una delle strade nelle quali la Chiesa è chiamata ad esercitare una diaconia della cultura».
Molti osservatori hanno rilevato che le parole di Bertone suonano come una bocciatura della linea radicale, partigiana e platealmente schierata con la sinistra, del settimanale Famiglia Cristiana, al centro spesso di polemiche roventi e di un confronto aspro e recente anche con il nostro quotidiano.
Quando si tratta di interpretare le parole del Pontefice o dei suoi più stretti collaboratori non bisogna mai cadere nell’errore di semplificare esageratamente ciò che viene detto e di valutare messaggi universali con la visione ristretta del retrobottega. In parole povere sbaglia di grosso chi pensa che il cardinal Bertone abbia tirato le orecchi a don Sciortino.
Le ha tirate, molto semplicemente, ai vari don Sciortino che in Italia e nel mondo travisano il proprio ruolo, facendosi guidare non – come ha detto il cardinal Bertone – «dal compito di contribuire all’annuncio di Cristo e all’apertura delle società a Dio», ma da aspirazioni che poco hanno a che fare con la comunicazione del Vangelo.
Assodato quindi che, a distanza di qualche settimana dalle ultime sparate del settimanale dei Paolini, il segretario di Stato vaticano è stato più chiaro che mai su come la pensi sulla vicenda, nessuno si illuda: Famiglia Cristiana non cambierà il proprio indirizzo finché Oltretevere non si giungerà alla dolorosa ma necessaria decisione di cui il Predellino ha già scritto il 4 agosto scorso.
Occorre un remake del ’97-’98, quando Giovanni Paolo II approvò un decreto con il quale si stabiliva l’invio, presso la Famiglia Paolina, di un delegato pontificio che «in suo nome e per suo incarico» era chiamato a «esercitare tutte le funzioni spettanti normalmente sia al superiore generale che al superiore provinciale d’Italia in relazione alle opere apostoliche in Italia, quali i periodici e le Edizioni San Paolo e società collegate».
Ma restiamo alla stampa cattolica perché merita di essere registrata una notevole apertura da parte del quotidiano della Conferenza episcopale italiana, Avvenire. A proposito della tanto deprecata riforma federalista su cui il governo sta lavorando alacremente, il giornale dei vescovi scrive che «le intenzioni espresse sono apprezzabili, lo spazio di tempo messo a disposizione per l’attuazione dei cambiamenti sembra eludere uno spirito “giacobino”».
Avvenire rimanda infatti come è giusto il giudizio definitivo sulla riforma a quando sarà possibile «valutare gli effetti concreti di una trasformazione così rilevante. In primo luogo – si legge nell’articolo di Sergio Soave – è evidente la volontà di agire con gradualità, in modo da consentire un passaggio non traumatico dal sistema centralizzato attuale a quello nel quale saranno più responsabilizzati nelle scelte gli enti locali e regionali. Il secondo aspetto rilevante consiste nella delega alle Regioni, che si completerà tra cinque anni, della possibilità di determinare l’equilibrio più conveniente in quel territorio tra prelievo sui redditi delle persone e prelievo sui redditi di impresa».
Avvenire sottolinea inoltre positivamente «l’istituzione di un fondo di solidarietà interregionale per contrastare gli squilibri e l’esclusione delle due prime fasce di reddito, quelle che riguardano i redditi medio-bassi, dalla possibilità di aumento delle aliquote dell’imposta sul reddito personale».
Dal presidente del Consiglio in giù non ci aspettiamo altro che questo: guardare con obiettività al lavoro del governo e all’azione politica del Pdl (il Predellino).

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