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Senz’Anima

E’ il titolo emblematico dell’ultimo libro edito da Chiare lettere di Massimo Fini, raccolta ben organizzata di numerosi articoli scritti a cavallo fra il 1980 e oggi. Trentennio dunque, in cui rende protagonista il lettore di un’Italia “senz’anima” appunto, in cui si assiste pressoché impotenti a una perdita di valori senza precedenti, attraverso tutti i protagonisti “che hanno contribuito a conciare l’Italia così com’è”.
Penna indomita, intellettuale senza peli sulla lingua. Ne ha per chiunque, destra e sinistra, colpi sferzanti di qua e di là. Non tutto ciò che lamenta è condivisibile, nemmeno tanti giudizi su numerosi personaggi mi hanno perfettamente convinto, ma proprio per questo il testo può diventare oggetto costruttivo di dibattito.
Pur riconoscendo che si trattò di un punto di rottura importantissimo, non capisco più di tanto la sua ammirazione per l’inchiesta di Mani Pulite e i giudici di Milano che la condussero, ma soprattutto quando bacchetta un Sergio Romano, il quale si permette di suggerire al paese di andare avanti, che l’Italia non può rimanere bloccata al suo interno dalle lungaggini di tale inchiesta.
Apprezzabile quando stila un elenco di termini-inganno abusati sia ieri che oggi. Vedi gli oppositivi garantismo-giustizialismo, che si basano sul nulla, in quanto la giustizia o è giustizia o non lo è; o viene applicata o non viene applicata. Non esiste una giustizia garantista né una più o meno giustizialista insomma. L’approccio a volte semplificatorio alla questione è soltanto apparente, e letto nel suo complesso il capitolo è degno di attenzione.
E’ il ritratto del nostro paese da un particolare punto di vista, quello di un intellettuale di alto livello, forte di conoscenze personali importanti (l’Italia distruttrice, ma in fin dei conti anche vittima di se stessa) che gli hanno permesso poi di descrivere i personaggi, sebbene con severità, a mio avviso, quasi sempre eccessiva.
Forse l’unica consolazione alla constatazione di vivere in un paese senz’anima, è decifrabile dal rapporto commovente e strettissimo, quasi fra padre e figlia, che l’autore ha con Stefania Craxi, momento del libro in cui il pathos è evidente.
E’ una voce libera, che ha scritto su Libero come su Il Fatto Quotidiano, motivo per cui si legge volentieri. Insomma una campana da ascoltare al di là dello schieramento politico di appartenenza e un buon ripasso della nostra storia recente. Buona lettura.

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