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Segreti Vaticani

Il libro del postulatore della causa di beatificazione Papa Wojtyla, la rivelazione: «Le Br volevano rapirlo»
Più che un libro è una miniera di rivelazioni, di documenti inediti, di particolari intimi che per anni e anni sono stati custoditi gelosamente dall’entourage papale. Compresa una lettera di dimissioni composta nel 1995 se solo Giovanni Paolo Il si fosse trovato nella manifesta impossibilità di adempiere al ministero petrino. Le suorine, don Stanislao, il professor Buzzonetti, gli amici di Cracovia, Leeh Walesa, i cardinali polacchi, il commendator Cibin tutti muti come pesci. Niente è mai fuoriuscito. Ma ora che il Servo di Dio è prossimo ad essere proclamato beato da Papa Ratzinger, il Vaticano ha rotto gli indugi dando il placet al postulatore, monsignor Slawomir Oder, a pubblicare (per i tipi della Rizzoli) stralci della documentazione raccolta durante l’istruttoria. «Perchè santo, il vero Giovanni Paolo II raccontato dal postulatore della causa di beatificazione», 192 pagine, 18,50 curo è stato presentato ieri dal cardinale Sarajva Martins, suo grande amico («la causa più veloce di così non poteva essere»). Nonostante abbia vissuto sotto i riflettori, tra le pieghe della vita di Papa Wojtyla spuntano importanti aspetti sui quali riflettere.
LE BR VOLEVANO RAPIRLO
Uno dei 114 testimoni segreti, ascoltati sotto giuramento dal postulatore, ha raccontato che nel 1981 era arrivata in Vaticano una informativa dei servizi italiani nella quale si segnalava l’esistenza di un progetto da parte delle Brigate Rosse per sequestrarlo. Il foglio fu fatto arrivare qualche tempo prima dell’attentato in piazza san Pietro. «Fu forse anche per questo che, subito dopo il ferimento da parte di Agca, il Papa condivise con il segretario don Stanislao, l’istintiva osservazione: «Come per Bachelet», in riferimento al cattolico vice presidente del Csm assassinato a Roma dai brigatisti il 12 febbraio 1980». Impossibile però saperne di più, il postulatore è categorico nell’assicurare che il Vaticano non svelerà mai il nome del testimone. «Il Papa stesso si interrogò sulle motivazioni-dell’attentato anche se preferì concentrarsi sulla visione spirituale del dramma che aveva vissuto», come per esempio la pallottola deviata da una Mano superiore. Parlò, tuttavia, con Gorbaciov della pista bulgara e anche col generale Jaruzelski. «Il primo gli disse che negli archivi dell’Urss non aveva trovato nulla a supporto, mentre il secondo gli riferì di avere chiesto a suo tempo delucidazioni a Todor Zivkov, capo del partito comunista bulgaro il quale rispose: “Compagno, ci credete degli imbecilli? Se Antonov fosse stato dietro l’attentato, lo avremmo fatto evacuare il giorno dopo, invece è restato là a lavorare».
LA LETTERA APERTA AD ACGA
Qualche mese dopo l’attentato il Papa scrisse (ma non completò mai) un messaggio per rinnovare il perdono al suo attentatore. Avrebbe dovuto leggerlo nel corso di una udienza generale. I due fogli di manoscritto sono stati ritrovati con una grande X tracciata sopra. «Le mie odierne parole saranno in un certo senso una lettera aperta (forse in parte simile a quella lettera scritta tempo fa da Paolo VI dopo che era stato rapito da Aldo Moro, ma nello stesso tempo molto diversa).
ERA PRONTO A DIMETTERSI DA PAPA
Se ne parlò a lungo negli ultimi anni, quando il Parkinson lo stava accartocciando, ma una conferma vera e propria sull’esistenza di una volontà scritta per rassegnare le dimissioni davanti al collegio cardinalizio in caso di impedimento, non c’era mai stata. Fino all’uscita di questo libro. «Anch’io seguendo le orme del mio Predecessore, ho messo per iscritto la mia volontà di rinunziare al sacro e canonico ufficio di Romano Pontefice nel caso di infermità che si presuma inguaribile e che impedisca di esercitare sufficientemente le funzioni del ministero petrino. All’infuori di questa ipotesi avverto come grave obbligo di coscienza il dovere di continuare a svolgere il compito a cui Cristo mi ha chiamato, fumo a quando egli, nei misteriosi disegni della sua Provvidenza, vorrà». La questione fu fatta analizzare da un gruppo di tecnici, tra cui l’allora cardinale Ratzinger.
MIRACOLI, SEGNI DI GRAZIA, VISIONI
Usava la flagellazione come pratica ascetica. Nel suo armadio, in mezzo alle tonache, era appesa sull’attaccapanni una particolare cintura per i pantaloni, che lui utilizzava come frusta e che faceva portare sempre anche a Castel Gandolfo. Non solo. Aveva visioni mistiche e «sentiva» la presenza della Madonna. Riusciva ad impressionava sempre gli ospiti quando lo sorprendevano a pregare nella piccola cappella del suo appartamento. Si concentrava talmente tanto da perdere la cognizione del tempo e del luogo. Un vero mistico, come Giovanni della Croce che lui ammirava tanto (da Il Messaggero del 27 gennaio).

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