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L’uomo giusto nel momento giusto

La miniserie televisiva della Lux Vide su sant’Agostino che andrà in onda in Italia domenica 31 gennaio e lunedì 1° febbraio su Rai Uno, è un prodotto confezionato con il tratto stilisticamente poco personale tipico di queste occasioni dal respiro internazionale, ma anche con grande cura. Tanto da potersi sistemare nettamente al di sopra della media corrente dei film dedicati al piccolo schermo. Il regista francese Christian Duguay, già autore di una convincente miniserie su Coco Chanel con Barbora Bobulova, sembra voler strizzare l’occhio al rinato genere peplum visto al cinema negli ultimi anni attraverso movimenti di macchina ariosi e quasi ininterrotti, una fotografia molto contrastata, un montaggio dal ritmo persino troppo solenne per il mezzo televisivo.
Ma lo sfondo epico che ne deriva, apparentemente modaiolo, non stride affatto invece con la vicenda del grande pensatore africano. Agostino infatti emerge da questa ricostruzione più nella sua dimensione di politico che di teologo, più in quella di uomo che di sacerdote. Un taglio coraggioso, ma basato sul presupposto che il grande pubblico già conosca gli aspetti più spirituali di questa figura così amata.
Forgiato da una giovinezza vissuta fra manicheismo e abitudini dissolute, divenuto brillante oratore giuridico alla corte milanese del giovanissimo imperatore Valentiniano ii – simbolo tanto di un potere in inesorabile declino quanto di un suo imminente rinnovamento – anche grazie ai precetti relativisti impartitigli da Macrobio, infine illuminato da quello stesso Ambrogio  che  fino  a  poco  prima  avversava  in  nome  di  un’autonomia da verità dogmatiche, Agostino rappresenta in quest’ottica il traghettatore della civiltà occidentale oltre la cesura epocale e traumatica della caduta dell’impero romano. Anche perché nella sua vita ha vissuto la conversione senza dimenticare il proprio passato, assimilandolo al contrario alla successiva esperienza di fede. E pervenendo in tal modo a un’idea di verità rivelata che assume anche una preziosissima valenza terrena, quella di strumento utile all’uomo per uscire dalle pastoie di una storia involutasi attorno al cardine perverso della violenza e della sopraffazione.
Il film di conseguenza non indugia in crisi mistiche, pur rendendoci ovviamente partecipi della conversione che cambiò per sempre la vita di Agostino in una suggestiva sequenza di immagini. Preferendo invece sottolineare come il protagonista, oltre a essere uno dei maggiori pensatori di tutti i tempi, sia stato anche l’uomo giusto nel momento giusto. Un crocevia sulle linee evolutive tanto della storia quanto della spiritualità. Dietro all’eleganza dei suoi scritti, la genialità e la profondità del suo pensiero, Agostino appare nel film come un uomo che ha vissuto i lati più terreni dell’esistenza, e anche per questo è stato pronto a sporcarsi le mani nella storia per determinarne il corso, non enfatizzando, nella vita di tutti i giorni, quella dimensione spirituale che invece ha profuso in testi arrivati senza invecchiare fino ai giorni nostri.
Allora non è un caso che i momenti migliori del film si debbano a una raffinata costruzione drammaturgica che vede Agostino finire per assomigliare sempre di più al rivale Ambrogio, altro grande politico e vescovo, lungimirante inteprete di un’era, considerato invece come un ostacolo da un impero di fatto già finito. La loro è una dialettica che ha per argomento la fede, ma che si sviluppa lungo gli strumenti della ragione. E il film ha l’abilità di mostrare come il loro graduale avvicinamento abbia a che fare anche con il tramonto di un’epoca:  solo unendo le proprie forze a quelle di Ambrogio, Agostino saprà mettere al riparo la spiritualità di un popolo destinato a essere invaso e sconfitto, e con essa la sua sopravvivenza.
Qualche limite della produzione, alla lunga, si riconosce nella sua predisposizione caparbiamente descrittiva, se non addirittura didattica, per cui si cerca di rendere conto allo spettatore di ogni momento saliente della vita del santo, finendo inevitabilmente per trattare con rapidità argomenti che la riduzione cinematografica non ha permesso di approfondire, come il dissidio fra cattolici e donatisti, risolto in favore dei primi durante il concilio di Cartagine. Un episodio importante per capire come la storia del cristianesimo sia stata segnata non solo da contrasti con il potere politico ma anche da lotte intestine tanto aspre e talvolta cruente. Un’occasione dove fra l’altro la retorica da grande oratore di Agostino riemerge dal passato vissuto nella giurisprudenza cartaginese, a conferma ancora di come il vescovo non avesse dimenticato l’avvocato. E di come la storia della spiritualità sia fatta anche di piccole grandi doti terrene.
Altra nota di merito riguarda la scelta degli attori. Per quanto non credibilissimo con i suoi occhi azzurri, Alessandro Preziosi nei panni del giovane Agostino unisce un’espressione riflessiva a una bellezza vagamente dionisiaca che ben rappresenta il marchio di un propedeutico passato da peccatore. Maggiore physique du rôle esibisce Franco Nero nella parte di un Agostino maturo che allo spirito del combattente ha aggiunto lo sguardo del saggio. Sorprende Monica Guerritore nella parte di una madre tanto umana quanto protesa verso il sacro ben prima del figlio. Mentre Andrea Giordana risulta perfetto nei panni di un pragmatico e spiritualmente profondo Ambrogio (da l’Osservatore Romano).

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