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Se questa è plastica

Sono al cellulare con un caro amico, che vuole sapere in tempo reale come stanno andando le cose. Lui, per cause di forza maggiore, ha dovuto rinunciare alla grande manifestazione. E’ troppo presto. Ma lo rassicuro: “Ci risentiamo dopo. A stasera per un resoconto finale”. Nemmeno il tempo di chiudere la telefonata, ecco dietro di me una voce decisa ma garbata: “Ti raccomando. Dì che siamo in tanti. Fa capire che va tutto bene”.
Arriva da una signora di mezza età, minuta e ricoperta da una grande bandiera del Popolo della Libertà. Il suo è un richiamo, addolcito da un materno sorriso.
Il mondo deve sapere – sembra voler sottolineare la pidiellina dal chiaro accento nordico – che ne abbiamo fatti di chilometri per essere oggi qui. Per riempire questa strada e questo corteo che sembra non avere mai fine.
Finalmente la piazza. Il palco, il discorso del presidente.
Un uomo di mezza età, romano, distinto. Mi guarda, non indugia: “E’ lui il mio leader. Altro che Fini”. Con tono concitato, ma mai fuori dalle righe, tiene a ribadire più volte la forza e il carisma del Cavaliere e al contempo la delusione verso l’illustre assente. Accenna al suo lungo passato di militante. Ora si sente tradito, ma è lì. Poi un cordiale saluto e sparisce velocemente nella folla.
La simpatica e avvenente signora napoletana, accompagnata dal marito, esordisce prima con un largo sorriso. Mi parla della sua Campania e della tragedia dei rifiuti: “C’erano topi, ovunque. Dinanzi a casa mia. Temevo pigliassimo la peste. E’ stato un incubo”. Quella regione, come altre, ha voglia di cambiare. Davvero.
La voce del premier, mentre chiacchieriamo, a questo punto fa addirittura da sottofondo. Il comizio, i titoli dei giornali, gli annunci, l’intero evento mediatico diventano il contorno. Al centro ci sono solo le persone, gente vera che fa il partito. Che non brucia bandiere e non sfascia vetrine, ma che tiene solo a precisare, con la sua massiccia e spensierata presenza, che non c’è plastica nel Pdl. Che dietro quella sigla c’è sempre e tanto di più.
Ed è giusto che qualcuno, prima o poi, se ne faccia una ragione.

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