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Sarà una Venezia a stelle e strisce

Tutto quello che non avete visto a Cannes e che invece vedrete al Lido: si riassume alla Woody Allen il prestigioso cartellone della 67esima Mostra del cinema di Venezia (1-11 settembre). E rosicano «i Blu», cugini d’Oltralpe che non solo hanno perso ai Mondiali di calcio – come del resto noi -, ma fanno pure la parte dei parenti poveri. Mentre Sarkozy sopprime il tradizionale party del 14 luglio, nei giardini dell’Eliseo (costava 732.826 euro l’anno), ai giardini del Lido sfilerà una sequela di stelle, soprattutto americane. Un pizzico di fortuna, in tempi di crisi, permette a Marco Müller, direttore del festival più antico del mondo, di accogliere i parti di Sofia Coppola (il 16 ha dato alla luce il secondogenito) e di Terrence Malick, pronto a presentare il suo quinto film in trent’anni (solo due per montarlo). La figlia di Francis Ford, ora a spasso per Soho col bebè in carrozzina e la figlia Romy per mano (figli di Thomas Mars, leader dei Phoenix) presenterà in concorso Somewhere, commedia chic-sentimentale. Girato fra Los Angeles e l’Italia, con Stephen Dorff nel ruolo d’un attore di serie A, di stanza allo Chateau Marmont, leggendario albergo losangelino, dove piomba la di lui nipotina a stravolgere una quotidianità di vizi, il film (distribuito e coprodotto da Medusa) mantiene il potenziale estetico di Lost in Translation, confermando Sofia (al suo terzo film) una delle personalità più forti di Hollywood. Da italoamericana neotradizionalista, la trentottenne Coppola ha coinvolto il marito nella composizione della colonna sonora, inserendo Benicio Del Toro e Laura Chiatti nel cast: certe scene hanno per sfondo Milano e un Telegatto. Prende la Road to Nowhere (girato anche in Italia) Monte Hellman, in concorso come il newyorchese Julian Schnabel (con Miral, thriller politico con Freida Pinto), ma potrebbe essere il texano Malick ad aprire i giochi lidensi con The Tree of Life (L’albero della vita, distribuito da 01 in autunno), in anteprima ad Austin in aprile. Malick è lento, ma qui, tra un viaggio nel tempo (dai dinosauri allo spazio siderale) e gli effetti speciali sperimentali, forniti da quattro ditte diverse, ha una scusa. Il protagonista, Brad Pitt, è di casa a Venezia, dove Angelina Jolie (i due diranno sì probabilmente al castello Odescalchi di Bracciano) ha girato The Tourist e farà un salto in passerella con il co-protagonista, Sean Penn e con la bella Jessica Chastain. In nome dell’alleanza atlantica, Müller ci ha dato dentro con gli Usa, mirando all’ala leftist dei cinefili, che troveranno spunti antiamericani in film come Machete di Robert Rodriguez, socio del presidente di giuria Quentin Tarantino (perciò il thriller sarà fuori concorso). La storia del federale messicano (Danny Trejo), che non fa i conti col giudice corrotto (un Robert De Niro in forma) emerge dall’attualità politica. E si parla di schedatura degli immigrati per razza (avviene già in Arizona). Veniamo a Tarantino: scelta incontestabile, visto che il regista ha presieduto tre volte Cannes, una Berlino, ma mai Venezia, dove l’autore internazionalmente noto come una rockstar, ha accompagnato B-movies e spaghetti-western. La regista iraniana Shirin Neshat e il regista turco-tedesco Fatih Akin assestano però l’asse occidentale verso Oriente.
E se ormai conosciamo The American, thriller di Anton Corbijn, girato in Abruzzo con cast italoamericano (George Clooney, Violante Placido, Bruce Altman),il menu di alta gamma continua con The Town (Ben Affleck), The Ward (John Carpenter), The Way back (Peter Weir), Black Swan di Darren Aronofsky, The social Network (David Fincher). La sorpresa potrebbe arrivare dal thriller paranormale di Eastwood, Hereafter. E il Continente? La Francia invia Potiche di Ozon e Venus Noir di Kechiche; l’Inghilterra punta su Route Irish di Loach e la Germania su In a better World di Susanne Bier. I giochi sono aperti, ma il 29 luglio si calano le carte (il Giornale).

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