«La Fininvest vinse ma la sentenza fu comprata». Come inizio, dopo nemmeno un minuto di Alzo Zero, pardon di Annozero, non c’è male. Non solo una bugia, la prima delle tante che ascolteremo nel corso della solita litania sinistra (conclusa con un giallo su una presunta telefonata in diretta di Berlusconi, annunciata e mai arrivata) ma prima di tutto e soprattutto una colossale bufala giuridica perché una sentenza non si compra, non si può comprare. Soprattutto non si capisce, non si è riusciti a capire per tutta la puntata come può essere stata comprata da chicchessia. L’intervista al giudice Carfì che dovrebbe permettere di ricostruire, secondo l’imparziale prospettiva santoriana, la vicenda del cosiddetto Lodo Mondadori stuzzica a tal punto gli spettatori di Raidue che il conduttore decide di giocarsela nell’anteprima come uno di quegli aperitivi che spiana la strada verso qualsiasi polpetta. Indigesta o avvelenata che sia. Peccato che poi, quando la barricadiera trasmissione di Raidue entra nel vivo non si capisce nulla. Come al solito. O meglio si capirà una volta di più che basta dar contro a Berlusconi. Sempre e comunque. Anche se lo obiezioni che vengono mosse nei contradditori dimostrano l’esatto contrario.
Così la puntata dal titolo un po’ harrypotteriano «Io sono l’eletto» rappresenta l’ennesima idrovora congegnata dal conduttore e dai suoi supporter per risucchiare tutto e il contrario di tutto con un Bersani che, messo all’angolo dal condirettore del Giornale, Alessandro Sallusti non riesce a rispondere o, peggio, non vuole rispondere alla domanda su chi abbia eletto il presidente delle Repubblica. Insomma se Bersani non si ricorda, anche se glielo ricorda Sallusti, che Napolitano è stato imposto dalla sinistra (che non ha lasciato al centrodestra nemmeno la possibilità di presentare un suo candidato) in compenso pretende rispetto per il capo dello Stato e della Costituzione. Ma di rispettare il consenso del 70 per cento degli italiani nei riguardi di Berlusconi però se ne infischia e parla di «deriva pericolosa» di sistema padronale. Accuse gravi buttate lì nella matassa ingarbugliata di un trasmissione in cui dalla strage di mafia al Lodo Mondadori la sentenza è scritta in partenza. Basta mescolare le carte per arrivare al solito traguardo e al solito obbiettivo. Basta non far capire. Basta persino negare che sia una notizia (come ha fatto Bersani ieri sera) il fatto che un giudice che sta indagando su Berlusconi si permetta pubblicamente di esternare la sua totale avversione verso Berlusconi stesso come politico e come imprenditore. A domanda non si risponde o magari si risponde con i soliti incomprensibili pistolotti di Travaglio che ingarbugliano la matassa ancora di più e aiutano solo la giusta causa della trasmissione: sputtanare il presidente del Consiglio. Castelli si permette solo di ricordare che Vittorio Feltri in suo recente editoriale (puntualmente messo sotto accusa da Santoro) ha prefigurato un percorso costituzionale corretto verso un’elezione diretta del capo dello Stato e non ha fatto alcun discorso eversivo. E chissenefrega. Per il team Santoro, Bersani, Maltese e Travaglio è meglio non parlare di altro e buttare subito nel calderone delle idiozie antiberlusconiane un altro argomento, magari cedere la parola ad una corrispondente spagnola perché esprima «il disagio della stampa estera di fronte ai fatti che «sconvolgono» la vita del nostro Paese. Per colpa naturalmente del presidente del Consiglio. Tanto l’idrovora della confusione può fare, almeno così crede Santoro solo il gioco di Annozero e di una certa parte. Così è meglio non rispondere anche all’accusa pesante di Sallusti che rimprovera Repubblica di non aver messo nemmeno una riga sul funzionario del Pd che cercava un killer disposto a far fuori il Cavaliere. Una faccenda decisamente su cui è meglio sorvolare. A questo punto si potrebbe anche spegnere il televisore, perché anche questa volta Santoro col suo Annozero ha acceso un altro elettrodomestico, il frullatore dei sospetti e dei veleni. Sennonchè, con aria candida il Gran Conduttore annuncia l’arrivo di una telefonata di Silvio Berlusconi dalla Bulgaria. Una telefonata, confermata e annunciata, pare proprio, anche da un dirigente della rete. Ma per la buona riuscita della trasmissione la linea prima va ceduta a Ruotolo, che deve procedere ad una fondamentale e interminabile intervista a quella Stefania Ariosto di cara memoria. Finita l’intervista, svanisce ogni traccia della telefonata di Silvio Berlusconi, vera o presunta che fosse. E Santoro con l’ultima battuta: «Se dovesse chiamare il premier noi siamo in camerino» finalmente toglie il disturbo (da Il Giornale).
Così la puntata dal titolo un po’ harrypotteriano «Io sono l’eletto» rappresenta l’ennesima idrovora congegnata dal conduttore e dai suoi supporter per risucchiare tutto e il contrario di tutto con un Bersani che, messo all’angolo dal condirettore del Giornale, Alessandro Sallusti non riesce a rispondere o, peggio, non vuole rispondere alla domanda su chi abbia eletto il presidente delle Repubblica. Insomma se Bersani non si ricorda, anche se glielo ricorda Sallusti, che Napolitano è stato imposto dalla sinistra (che non ha lasciato al centrodestra nemmeno la possibilità di presentare un suo candidato) in compenso pretende rispetto per il capo dello Stato e della Costituzione. Ma di rispettare il consenso del 70 per cento degli italiani nei riguardi di Berlusconi però se ne infischia e parla di «deriva pericolosa» di sistema padronale. Accuse gravi buttate lì nella matassa ingarbugliata di un trasmissione in cui dalla strage di mafia al Lodo Mondadori la sentenza è scritta in partenza. Basta mescolare le carte per arrivare al solito traguardo e al solito obbiettivo. Basta non far capire. Basta persino negare che sia una notizia (come ha fatto Bersani ieri sera) il fatto che un giudice che sta indagando su Berlusconi si permetta pubblicamente di esternare la sua totale avversione verso Berlusconi stesso come politico e come imprenditore. A domanda non si risponde o magari si risponde con i soliti incomprensibili pistolotti di Travaglio che ingarbugliano la matassa ancora di più e aiutano solo la giusta causa della trasmissione: sputtanare il presidente del Consiglio. Castelli si permette solo di ricordare che Vittorio Feltri in suo recente editoriale (puntualmente messo sotto accusa da Santoro) ha prefigurato un percorso costituzionale corretto verso un’elezione diretta del capo dello Stato e non ha fatto alcun discorso eversivo. E chissenefrega. Per il team Santoro, Bersani, Maltese e Travaglio è meglio non parlare di altro e buttare subito nel calderone delle idiozie antiberlusconiane un altro argomento, magari cedere la parola ad una corrispondente spagnola perché esprima «il disagio della stampa estera di fronte ai fatti che «sconvolgono» la vita del nostro Paese. Per colpa naturalmente del presidente del Consiglio. Tanto l’idrovora della confusione può fare, almeno così crede Santoro solo il gioco di Annozero e di una certa parte. Così è meglio non rispondere anche all’accusa pesante di Sallusti che rimprovera Repubblica di non aver messo nemmeno una riga sul funzionario del Pd che cercava un killer disposto a far fuori il Cavaliere. Una faccenda decisamente su cui è meglio sorvolare. A questo punto si potrebbe anche spegnere il televisore, perché anche questa volta Santoro col suo Annozero ha acceso un altro elettrodomestico, il frullatore dei sospetti e dei veleni. Sennonchè, con aria candida il Gran Conduttore annuncia l’arrivo di una telefonata di Silvio Berlusconi dalla Bulgaria. Una telefonata, confermata e annunciata, pare proprio, anche da un dirigente della rete. Ma per la buona riuscita della trasmissione la linea prima va ceduta a Ruotolo, che deve procedere ad una fondamentale e interminabile intervista a quella Stefania Ariosto di cara memoria. Finita l’intervista, svanisce ogni traccia della telefonata di Silvio Berlusconi, vera o presunta che fosse. E Santoro con l’ultima battuta: «Se dovesse chiamare il premier noi siamo in camerino» finalmente toglie il disturbo (da Il Giornale).