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Rivoluzione democratica

Da il Predellino rivendichiamo il merito di aver per primi, con Silvio Berlusconi, indicato la strada che Giorgio Stracquadanio ha chiamato della ‹‹rivoluzione democratica››. Noi vogliamo vedere Berlusconi come il Generale De Gaulle. E’ ora di fondare la Terza Repubblica. Chi ha dubbi in merito se li faccia passare subito. La strada dei lodi, delle trattative infinite, dell’attesa conduce a quella dell’esilio. L’esilio vero, quello patito da Craxi per intenderci.
Politica, finalmente qualcosa si muove! Dopo mesi passati a discutere di gossip, a litigare su perizomi e guêpière, mentre il governo fronteggiava la crisi economica e il cataclisma che ha raso al suolo metà dell’Abruzzo, ecco che la Corte Costituzionale boccia il lodo Alfano, interrompendo la pax tra magistratura e politica. In realtà si trattava di una pax di cartone, tanto è vero che il Parlamento legiferava e la magistratura se ne infischiava, come è accaduto con il reato di clandestinità, contestato procura per procura come è accaduto platealmente a Torino a cura di un solito noto come Giancarlo Caselli.
Ebbene la Corte costituzionale ha bocciato la settimana scorsa con nove voti contro sei il lodo Alfano che proteggeva le alte cariche dello Stato dai processi. Una norma garantista in vigore in molti Paesi d’Europa e del mondo senza che ciò faccia indignare nessuno.
I magistrati della Corte bocciano la Corte stessa, visto che ai tempi del lodo Schifani si era espressa in modo assai differente, bocciano il Capo dello Stato, che aveva apposto la propria firma sul lodo senza alcun tentennamento e aprono uno scontro istituzionale di proporzioni inaudite.
A questo punto, che fare? Certo ‹‹il governo va avanti››. Ma non è un po’ poco? Che risposta è?
E infatti che la risposta non fosse delle migliori l’ha capito subito Silvio Berlusconi che ieri a Benevento ha abbozzato una nuova strategia del governo e del partito di cui è leader, il Popolo della Libertà.
Oggi ne scrivono parzialmente anche Vittorio Feltri e Fabrizio Dell’Orefice. La strada maestra, la grande opportunità offerta dalla Corte costituzionale è una nuova stagione riformista.
E noi del Predellino vogliamo vedere Berlusconi come il Generale De Gaulle. È ora di fondare la Terza Repubblica. Come? Prima una riforma-manifesto, di impronta presidenzialista e con la più netta separazione delle carriere di giudici e pm. Poi il referendum popolare da affrontare a viso aperto dopo l’inevitabile scontro parlamentare con le opposizioni. Giorgio Stracquadanio è stato il primo ad indicare questo scenario, poche ore dopo il verdetto della Consulta. Ma l’appello al popolo da parte del leader del centro destra, la scelta di intraprendere una nuova stagione riformista per rifondare la nostra Repubblica è una strategia condivisa dalla stragrande maggioranza dei nostri elettori e dei nostri parlamentari. Il deputato PDL, inventore del Predellino, l’ha spiegata così nei giorni scorsi: ‹‹Riscriviamo la Carta costituzionale. E in tre mesi chiediamo al popolo di votare sulla Costituzione riformata. Si è dimostrato ancora una volta che la sovranità popolare è osteggiata da un coacervo di poteri che non ha una legittimazione politica, primo fra tutti un potere giudiziario che si è costituito come contro potere politico in aperto contrasto con qualsiasi regola dello stato di diritto. L’unica possibilità che abbiamo è quella di decidere che se c’è crisi della democrazia occorre rifondarla.
Rifondiamo la Repubblica e rapidamente riscriviamo la carta costituzionale in tre mesi, la rifacciamo a maggioranza e chiediamo noi al popolo il voto sulla nuova carta costituzionale, riportando tutti a fare il proprio mestiere››. Questa linea deve aver fatto breccia nel cuore di Berlusconi che ha parlato di riforme, di separazione delle carriere e della legittimazione popolare del premier. La legittimazione popolare dell’esecutivo, in particolare del presidente del Consiglio, deve quindi diventare un dato indiscutibile delle regole della politica di domani.
‹‹Con un premier che, eletto direttamente dai cittadini, deve essere messo in grado di governare e di portare a termine la legislatura per la quale è stato scelto. Il Parlamento, dal canto suo, essendo espressione a sua volta della sovranità popolare deve poter fare tranquillamente il suo mestiere, cioè legiferare, senza che organismi non di garanzia ma politici vanifichino il suo lavoro››. Questo il cuore dell’intervento tenuto ieri dal leader PDL alla Festa della Libertà di Benevento.
Ancora una volta il capo del governo ha fatto da bussola al più grande partito italiano. Che ha oggi di fronte a sé una missione che è al contempo capace di proiettarlo verso il futuro ma anche di unirlo. Infatti, come ha osservato questa mattina Vittorio Feltri, sull’elezione diretta del Capo dello Stato, anche il numero due del partito, Gianfranco Fini, non potrà che essere d’accordo. Di più, dovrebbe esserne entusiasta visto che questa strategia eredita uno storico cavallo di battaglia della destra italiana.
Dal Predellino rivendichiamo il merito di aver per primi, con Silvio Berlusconi, indicato la strada che Giorgio Stracquadanio ha chiamato della ‹‹rivoluzione democratica››. Chi ha dubbi in merito se li faccia passare subito. La strada dei lodi, delle trattative infinite, dell’attesa conduce a quella dell’esilio. L’esilio vero, quello patito da Craxi per intenderci.
Il castello del Cavaliere è da troppo tempo sotto assedio. Intercettazioni, scandali montati ad arte, processi, cavalli di Troie infilati dentro palazzo Grazioli. Poi la doppietta decisiva: la condanna a Fininvest per 750 milioni di euro e la bocciatura del lodo Alfano.
Al Cavaliere chiediamo di guidare il suo Popolo rompendo l’assedio al castello una volta per tutte brandendo in nome della libertà l’articolo 1 della Costituzione secondo il quale ‹‹la sovranità appartiene al popolo››. Riconsegniamo al popolo la nostra democrazia (da Il Predellino del 12 ottobre 2009).

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