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Risarcimento record: 222.000 $ per 24 canzoni

Accade nel Minnesota: caso Capitol Records v. Jammie Thomas, la Corte decreta una donna colpevole di aver violato le leggi del copyright per aver scaricato 24 canzoni in modo illegale e la condanna a pagare un risarcimento record di 9250$ a canzone per un totale di 222.000$! Le major discografiche cantano finalmente vittoria per quella che è la prima sentenza a fondare un risarcimento smisurato nei loro confronti nel combattutissimo campo della legalità/illegalità dei download su internet.
Se si pensa che le canzoni, a volerle scaricare legalmente, sarebbero costate alla malcapitata circa 0,99 dollari ciascuna, per un totale risicato di 24 dollari, viene il capogiro a meditare sull’entità della cifra per cui è stata condannata, le cui modalità di calcolo utilizzate dalla Corte non sono state peraltro pubblicate. Il team di legali che assiste la donna non ha rilasciato alcuna dichiarazione circa la eventualità di ricorrere in appello.
La colpevolezza è stata comprovata attraverso il confronto fra l’indirizzo IP dell’utente che aveva scaricato le canzoni dal server peer-to-peer di Kazaa e quello del Mac della Thomas, nel cui hard disk erano salvate le canzoni incriminate. Il fatto che le stesse si trovassero ancora nel disco fisso, poi, era la prova della sussistenza dell’elemento soggettivo, ossia il dolo specifico come intenzione di contravvenire alle leggi di copyright.
Se questa, come altre decisioni a venire, possa servire, così come asseriscono le case discografiche, da deterrente per i comportamenti futuri, come condividere la criminalizzazione di una donna, colpevole di aver commesso un reato talmente diffuso da non essere percepito neanche come tale e condannata al pagamento di una somma sproporzionata rispetto alle comminatorie solitamente previste per delitti più gravi e magari socialmente pericolosi? A me, personalmente, pare un’assurdità. Ricordando Terenzio, “Ius summum saepe summa est malitia”.

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