L’antiberlusconismo, unico e incontrastato cavallo di battaglia della sinistra italiana, nell’arco di quindici anni si è evoluto – o meglio involuto – e ha toccato svariati ambiti. Nel 1994, anno fatidico della discesa in campo, le accuse degli avversari e di una certa stampa si concentrano sulla forte connotazione mediatica e televisiva dell’immagine del fondatore di Forza Italia. Non viene preso troppo sul serio il Cavaliere, irriso dalla stragrande maggioranza de salotti buoni del Belpaese. Dopo l’inaspettato successo del suo movimento politico, però, lo sfottò viene rimpiazzato dalla celebre campagna sul conflitto d’interessi. Preso atto del disinteresse degli elettori sull’argomento, dal 96’ in poi gli attacchi si fanno più pesanti e accompagnano giornalmente le vicende giudiziarie che coinvolgono il leader di Fi. E’ la stagione del centrosinistra al governo, che si frantuma attraverso le sfiducie a Prodi e gli agguati di D’Alema e che, all’alba del terzo millennio, deve rassegnarsi al ritorno di un rafforzato centrodestra. E proprio nel 2001 i vari Luttazzi, Travaglio e Santoro spingono sull’acceleratore e vicino al “Berlusconi corruttore e corrotto” arriva addirittura il “Berlusconi mafioso”. Ma è tutto inutile, la Casa delle Libertà vince le elezioni e governa per cinque lunghi anni. Nel 2006, l’antiberlusconismo conosce l’ennesima mutazione: stavolta Silvio non è più brutto, sporco e cattivo, ma è semplicemente “finito”. Ovvero non è più – secondo i soliti noti – il leader della destra italiana e i battibecchi con Casini vengono sfruttati per enfatizzare la fine del grande nemico. Il pareggio alle elezioni politiche di aprile smentisce di nuovo la sinistra. Ovviamente è una doccia fredda: il secondo Governo Prodi fa una fine peggiore del primo e al Cavaliere si aprono di nuovo le porte di Palazzo Chigi. Col quarto Governo Berlusconi, che ottiene col passare dei giorni consensi record, all’opposizione non resta che sperare nei litigi familiari del Premier e nelle ire mediatiche di lady Veronica. Stavolta Silvio è un vecchietto col vizio del sesso che trasforma le sue amanti in parlamentari europee. Dal “venditore di tappeti” al “corruttore”, passando per il “mafioso” fino ad arrivare al “playboy”. Le battaglie della sinistra italiana degli ultimi quindici anni possono vantare questi ottimi risultati. Le proposte, ovviamente, sono pari a zero. Così come la capacità di offrire in questi anni un’alternativa politica credibile agli italiani. Tutta colpa di Silvio, quindi, che ha allontanato i “cattocomunisti” dalle poltrone e dal potere.