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Presidenti di sventura

Quanto conta la scaramanzia in politica? Probabilmente come in tutte le altre sfere della vita.
C’è chi è più suscettibile a certe strane influenze e chi meno.  Chi passa il giorno a fare scongiuri e chi è insensibile  a certi strani scherzetti del destino.
Ma l’ultima polemica politica, che vede al centro dell’attenzione Gianfranco Fini, potrebbe essere anche interpretata secondo le antiche leggi dell’occhio, malocchio, prezzemolo e finocchio.
Un approccio al problema, perdonateci, sin troppo leggero e poco, come dire, “tecnico” o scientifico.
Ma come tutte le leggende che trattano di sfiga, qui troppe cose coincidono.
Punto fermo della vicenda: non un personaggio o un fatto, ma semplicemente una poltrona. Quella tanto ambita e prestigiosa della Camera. Che, a quanto pare, porta male a chi ha l’onere e l’onore di sederci sopra. Questo vale da più di un decennio.
Ricordate Luciano Violante? Presidente a Montecitorio nella seconda metà degli anni ’90. Ex magistrato, era una delle personalità più importanti dei Ds. Era. Oggi lo si ricorda a fatica. Costretto a convivere, tra l’altro,  con la pesante fama di antipatico.
Poi è toccato a Pierferdinando Casini, il politico più bello d’Italia. In molti, all’epoca, avevano scommesso sulla sua gloria. Super favorito tra i successori del Cavaliere. Palazzo Chigi, per il leader dell’Udc, era davvero a portata di mano. Prima della carica più scomoda della Repubblica però. Oggi l’ex astro nascente è infatti ai margini e invecchia alla finestra. Sperando nelle improbabili disgrazie dell’attuale bipartismo.
Dopo di lui uno del calibro di Fausto Bertinotti, emblema della sinistra rampante dei primi anni 2000. Popolare, uomo di cultura apprezzato e stimato anche dagli avversari. Capace di far tremare a lungo gli alleati e di far sognare i comunisti nudi e crudi.
Quella poltrona maledetta lo ha fatto scivolare fuori dai giochi: dai fischi, del suo popolo, in quel della Sapienza, alle rovinose elezioni del 2008. Oggi Fausto, politicamente parlando, non esiste più.
E’ arriva il turno di un altro personaggio tanto amato, quel Gianfranco Fini capace di stimolare le fantasie di tutti i destroidi italiani. Unica alternativa credibile, dopo gli autogol casiniani, a Silvio Berlusconi. 
Anche lui, come il predecessore, ha goduto e gode della simpatia di quasi tutti gli antagonisti. Un po’ troppa, in realtà. Tanto da creare il caso mediatico del momento. Lanciato giorni fa da Vittorio Feltri e ripreso in tutte le salse da media e addetti ai lavori. A quanto pare, anche per l’ex leader di An si prevedono tempi duri: il consenso nel Pdl, quello che conta davvero, dicono che è ai minimi storici.
A questo punto immaginiamo il sorriso beffardo (tipico marchio di fabbrica) di uno che per poco è scampato alla sciagura: il survivor Massimo D’Alema,  che ha solo sfiorato, nel 2006, proprio la Presidenza della Camera.
Alla luce di quanto accaduto in questi anni, chissà se, per il dopo Fini, ci sarà davvero la ressa.
 

 

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