Tutti ne parlano, ma quasi nessuno l’ha letta. È la ormai famosa Bozza Violante, che pubblichiamo nella versione in cui essa esiste in questa legislatura, come disegno di legge presentato (incomprensibilmente) alla Camera all’inizio della legislatura dal vicecapogruppo vicario del Pdl Italo Bocchino.
È il testo che secondo qualcuno dovrebbe rappresentare la base di discussione delle riforme istituzionali in questa legislatura e che a Marcello Pera non piace affatto. E a noi del Predellino appare del tutto inadeguato allo scopo.
La bozza Violante, dal punto di vista storico-politico, è stato un generoso tentativo messo in atto da Luciano Violante per tenere in vita una legislatura nata morta. Le elezioni del 2006, infatti, avevano decretato il sostanziale fallimento dell’Unione, che aveva prevalso per soli 24mila voti alla Camera e stava in piedi grazie al voto decisivo dei senatori a vita, dimentichi del loro ruolo super partes.
Mentre il governo Prodi stentava, Luciano Violante cercava di aprire una fase di dialogo tra le forze politiche, dimostrando grande abilità di manovra e doti politiche non comuni.
Il testo che porta il suo nome, infatti, è un capolavoro tattico a favore del centrosinistra. Con quel testo Violante si riprometteva alcuni obiettivi che, se non fosse stato per la tenacia con cui Silvio Berlusconi ha perseguito la fine anticipata della legislatura, avrebbero portato a un quadro politico opposto a quello di oggi.
Innanzitutto Violante si riproponeva di far convergere in un unico testo di legge tutte le proposte di riforma istituzionale, così da sterilizzare ogni contrapposizione. Chi non si fosse acconciato a condividere la Bozza, sarebbe stato additato a conservatore istituzionale, un ruolo inaccettabile per il centrodestra.
In secondo luogo Violante puntava a dividere l’orizzonte strategico della Lega Nord da quello del resto del centrodestra, allora ancora diviso tra Forza Italia, Alleanza Nazionale, l’Udc e i partiti minori. La principale innovazione costituzionale nella Bozza Violante è il cosiddetto Senato Federale, cioè la trasformazione della attuale Camera alta in una sorta di Conferenza Stato–Regioni di rango costituzionale, con compiti limitati ma sufficienti a mettere i bastoni tra le ruote dell’attività legislativa dell’altra Camera, in un assetto che avrebbe alimentato le spinte secessioniste della Lega Nord, nel tentativo di dividerla permanentemente dal centrodestra.
In conseguenza di questa trasformazione della natura del Senato, la Camera – che diventerebbe di 518 membri eletti (112 in meno degli attuali, una pattuglia consistente che forse troverebbe spazio al governo o in qualche altro ruolo politico), avrebbe il primato legislativo. Senza però alcuna costituzionalizzazione del ruolo di maggioranza e opposizione né un rafforzamento del ruolo del governo, che anzi trova limiti ancora più stringenti al ricorso ai decreti.
È evidente che – con queste modifiche – il processo legislativo resterebbe farraginoso quanto oggi. È infatti il regolamento della Camera (e non il bicameralismo) il vero ostacolo a un procedimento legislativo efficace e trasparente. Inoltre la Camera non acquisirebbe nemmeno un briciolo di potere in più nell’attività di controllo dell’esecutivo, attività che rappresenta il vero contrappeso ad un governo forte e legittimato direttamente dal popolo,
Infatti le istanze presidenzialiste che Forza Italia e Alleanza Nazionale hanno rappresentato nella vita politica italiana dal 1994 ad oggi, secondo la Bozza Violante vanno derubricate a un semplice “rafforzamento dei poteri del governo” che rafforzamento non è ma solo gattopardesca riformulazione dei meccanismi della Costituzione vigente.
Non è prevista, infatti, alcuna forma di elezione diretta, visto che – recita il testo – «Il Presidente della Repubblica, valutati i risultati delle elezioni per la Camera dei deputati, nomina il Presidente del Consiglio dei ministri e, su proposta di questo, nomina e revoca i ministri» (come se adesso il Capo dello Stato non valutasse i risultati delle elezioni!) e il Presidente del Consiglio dei ministri (che resta un Consiglio, cioè un potere collegiale) “deve avere la fiducia della Camera dei deputati” “entro dieci giorni dalla formazione del Governo”. Cosa ci sia di diverso dal meccanismo attuale, nessuno lo sa; salvo il fatto che avrebbe il potere di proporre la revoca di un ministro; ma anche in questo passaggio sarebbe esposto al voto di fiducia e alla conseguente minaccia di caduta da parte del partner di coalizione che si vedesse minacciato nella propria delegazione al governo.
Infine la Bozza Violante non contiene una riga sull’ordinamento giudiziario, secondo l’impostazione originaria dell’Unione che ha smantellato la riforma realizzata, con legge ordinaria, dal governo Berlusconi e dal guardasigilli Castelli ancora prima che essa potesse entrare in vigore. E nonostante questo zelo nell’adempiere al ricatto dell’Associazione Nazionale Magistrati, il ministro della giustizia del governo Prodi, Clemente Mastella, non è riuscito ad evitare che sua moglie, esponente del suo partito e presidente del Consiglio regionale della Campania fosse arrestata proprio il giorno in cui il marito doveva pronunciare alle Camere il discorso annuale sullo stato della giustizia.
Questi, sommariamente, i motivi per i quali la Bozza Violante andrebbe cestinata. E con essa l’idea – affacciata da Italo Bocchino – di un “doppio binario” per le riforme: la Bozza Violante da votare con la maggioranza dei due terzi (e senza referendum) e la riforma costituzionale della giustizia da approvare a maggioranza semplice (e quindi da sottoporre a referendum). Le costituzioni sono disegni unitari con pesi e contrappesi. E l’idea di votare solo sulla giustizia sembra concepita per dare al Pd un bell’alibi nel mantenere il suo perverso rapporto di dipendenza da Di Pietro. E anche per fare un favore all’Anm. Insomma, qualcosa che oggi non farebbe nemmeno Luciano Violante. (www.ilpredellino.it)
È il testo che secondo qualcuno dovrebbe rappresentare la base di discussione delle riforme istituzionali in questa legislatura e che a Marcello Pera non piace affatto. E a noi del Predellino appare del tutto inadeguato allo scopo.
La bozza Violante, dal punto di vista storico-politico, è stato un generoso tentativo messo in atto da Luciano Violante per tenere in vita una legislatura nata morta. Le elezioni del 2006, infatti, avevano decretato il sostanziale fallimento dell’Unione, che aveva prevalso per soli 24mila voti alla Camera e stava in piedi grazie al voto decisivo dei senatori a vita, dimentichi del loro ruolo super partes.
Mentre il governo Prodi stentava, Luciano Violante cercava di aprire una fase di dialogo tra le forze politiche, dimostrando grande abilità di manovra e doti politiche non comuni.
Il testo che porta il suo nome, infatti, è un capolavoro tattico a favore del centrosinistra. Con quel testo Violante si riprometteva alcuni obiettivi che, se non fosse stato per la tenacia con cui Silvio Berlusconi ha perseguito la fine anticipata della legislatura, avrebbero portato a un quadro politico opposto a quello di oggi.
Innanzitutto Violante si riproponeva di far convergere in un unico testo di legge tutte le proposte di riforma istituzionale, così da sterilizzare ogni contrapposizione. Chi non si fosse acconciato a condividere la Bozza, sarebbe stato additato a conservatore istituzionale, un ruolo inaccettabile per il centrodestra.
In secondo luogo Violante puntava a dividere l’orizzonte strategico della Lega Nord da quello del resto del centrodestra, allora ancora diviso tra Forza Italia, Alleanza Nazionale, l’Udc e i partiti minori. La principale innovazione costituzionale nella Bozza Violante è il cosiddetto Senato Federale, cioè la trasformazione della attuale Camera alta in una sorta di Conferenza Stato–Regioni di rango costituzionale, con compiti limitati ma sufficienti a mettere i bastoni tra le ruote dell’attività legislativa dell’altra Camera, in un assetto che avrebbe alimentato le spinte secessioniste della Lega Nord, nel tentativo di dividerla permanentemente dal centrodestra.
In conseguenza di questa trasformazione della natura del Senato, la Camera – che diventerebbe di 518 membri eletti (112 in meno degli attuali, una pattuglia consistente che forse troverebbe spazio al governo o in qualche altro ruolo politico), avrebbe il primato legislativo. Senza però alcuna costituzionalizzazione del ruolo di maggioranza e opposizione né un rafforzamento del ruolo del governo, che anzi trova limiti ancora più stringenti al ricorso ai decreti.
È evidente che – con queste modifiche – il processo legislativo resterebbe farraginoso quanto oggi. È infatti il regolamento della Camera (e non il bicameralismo) il vero ostacolo a un procedimento legislativo efficace e trasparente. Inoltre la Camera non acquisirebbe nemmeno un briciolo di potere in più nell’attività di controllo dell’esecutivo, attività che rappresenta il vero contrappeso ad un governo forte e legittimato direttamente dal popolo,
Infatti le istanze presidenzialiste che Forza Italia e Alleanza Nazionale hanno rappresentato nella vita politica italiana dal 1994 ad oggi, secondo la Bozza Violante vanno derubricate a un semplice “rafforzamento dei poteri del governo” che rafforzamento non è ma solo gattopardesca riformulazione dei meccanismi della Costituzione vigente.
Non è prevista, infatti, alcuna forma di elezione diretta, visto che – recita il testo – «Il Presidente della Repubblica, valutati i risultati delle elezioni per la Camera dei deputati, nomina il Presidente del Consiglio dei ministri e, su proposta di questo, nomina e revoca i ministri» (come se adesso il Capo dello Stato non valutasse i risultati delle elezioni!) e il Presidente del Consiglio dei ministri (che resta un Consiglio, cioè un potere collegiale) “deve avere la fiducia della Camera dei deputati” “entro dieci giorni dalla formazione del Governo”. Cosa ci sia di diverso dal meccanismo attuale, nessuno lo sa; salvo il fatto che avrebbe il potere di proporre la revoca di un ministro; ma anche in questo passaggio sarebbe esposto al voto di fiducia e alla conseguente minaccia di caduta da parte del partner di coalizione che si vedesse minacciato nella propria delegazione al governo.
Infine la Bozza Violante non contiene una riga sull’ordinamento giudiziario, secondo l’impostazione originaria dell’Unione che ha smantellato la riforma realizzata, con legge ordinaria, dal governo Berlusconi e dal guardasigilli Castelli ancora prima che essa potesse entrare in vigore. E nonostante questo zelo nell’adempiere al ricatto dell’Associazione Nazionale Magistrati, il ministro della giustizia del governo Prodi, Clemente Mastella, non è riuscito ad evitare che sua moglie, esponente del suo partito e presidente del Consiglio regionale della Campania fosse arrestata proprio il giorno in cui il marito doveva pronunciare alle Camere il discorso annuale sullo stato della giustizia.
Questi, sommariamente, i motivi per i quali la Bozza Violante andrebbe cestinata. E con essa l’idea – affacciata da Italo Bocchino – di un “doppio binario” per le riforme: la Bozza Violante da votare con la maggioranza dei due terzi (e senza referendum) e la riforma costituzionale della giustizia da approvare a maggioranza semplice (e quindi da sottoporre a referendum). Le costituzioni sono disegni unitari con pesi e contrappesi. E l’idea di votare solo sulla giustizia sembra concepita per dare al Pd un bell’alibi nel mantenere il suo perverso rapporto di dipendenza da Di Pietro. E anche per fare un favore all’Anm. Insomma, qualcosa che oggi non farebbe nemmeno Luciano Violante. (www.ilpredellino.it)