Archivio di Cultura

Pensavamo fosse Pavese, invece era Calabrò

Pensavamo fosse Pavese, invece era Calabrò. Quando, a pagina 76 del libro bello ed elegante del poetico Garante delle Comunicazioni, abbiamo letto «Verrà l’estate/ e avrà il tuo vestitino»  la memoria è subito corsa ad uno dei componimenti più belli di Cesare Pavese, che inizia appunto così: «Verrà la morte/ e avrà i tuoi occhi».
Dare del copione al professor Calabrò sarebbe, oltreché inelegante, anche ingiusto. L’autore di “La stella promessa” (ed. Mondadori, 14 euro) ha semplicemente voluto rendere omaggio in modo leggero e piacevole ad un grande italiano come Pavese.
Calabrò tiene sospeso il lettore tra lirica pura e poesia narrativa per 99 pagine. E talune sono pagine di poesia modernissima, quasi digitale: «Abbassa le difese immunitarie/ contro l’amore/ l’averti consegnato la mia password». Mentre altre sono pervase di una dolcezza intima e infinita.
Quanto è vero «Sotto le palpebre»: «Il mio oroscopo passa/per il tuo primo sguardo del mattino».
Calabrò nel suo profilo d’autore non scrive quando è nato. Ma Wikipedia ci toglie dall’imbarazzo: 1935.
Ebbene, scorrendo le pagine nell’attesa della stella promessa si pensa piuttosto di avere di fronte le creazioni di un giovane poeta estinto, più che di un insigne giurista quasi settantacinquenne. Un poeta capace di creare – lui calabrese – lo spot più bello per i fautori del ponte sullo Stretto di Messina. Avrà avuto l’Amor nostro, il piccolo tesoro di Calabrò?

 

Riguardo l'autore

vocealta