Archivio Attualità

Nettuno: reagire con forza

E’ di nuovo la cronaca a farla da padrona. Ad appena pochi giorni dall’orribile stupro di Guidonia l’opinione pubblica è scossa da un nuovo sconvolgente caso di inaudita violenza. Tre giovanissimi di Nettuno, annoiati e in cerca di divertimento, decidono di dare una svolta alla loro serata: alle quattro di mattina decidono di dare fuoco a un indiano senzatetto che dorme su una panchina della stazione. Si potrebbe pensare a un’azione xenofoba, una sorta di ritorsione per l’atrocità delle belve rumene colpevoli del recente stupro. E invece non c’è nulla alla base del folle gesto se non la voglia di provare un’emozione forte, da non dimenticare.
“E’ più grave del razzismo, perchè denota la mancanza di principi fondamentali del vivere civile – ha interpretato giustamente il ministro dell’Interno – non è una questione di ordine pubblico, è un qualcosa che chiama in causa la società intera”.
L’aggressione è solo un anello della lunga serie di episodi di violenza e vandalismo, che trascendono il razzismo o la fede politica (il sedicenne del gruppo vive con la madre italiana e il suo compagno tunisino).
Più giusto sarebbe rispolverare una chiave di lettura etica, forse demodeè in un periodo storico e culturale fondato sul “tutto e subito”: l’assenza di una Legge Morale. Quella “legge-dentro”, come la chiamava il filosofo tedesco Kant secoli fa, che ognuno dovrebbe avvertire dentro di sé, quale realtà universale, attratto dal fascino di un progetto ideale di umanità.
 Eppure ai giorni d’oggi al solo pronunciare queste parole si rischia di essere tacciati di falsa retorica od ostentato e anacronistico moralismo, tanto questi concetti sono così poco sentiti e condivisi.
Assistiamo tutti quali spettatori passivi e inermi ad un continuo e inesorabile indebolimento del piano della coscienza e dell’etica  che – per dirla con le parole di Giovanni Paolo II, secondo un’ottica che va oltre il credo religioso –  consuma il mondo dei valori come “semplici prodotti dell’emotività” in cui “la nozione di essere è accantonata per fare spazio alla pura e semplice fattualità”.

Il momento storico di evidente pluralismo in cui viviamo, caratterizzato dalla presenza di morali diverse in uno stesso contesto culturale,  dovrebbe rappresentare una conquista per l’umanità in termini di libertà e democrazia, favorirne  le virtù della tolleranza e del dialogo,  accrescere la consapevolezza delle proprie idee. E invece abbiamo ceduto a quel relativismo scettico  che porta a considerare le convinzioni religiose e morali come qualcosa di opinabile, un optional quasi.
Il potere nichilista di questa forma di pensiero non riguarda solo la vita personale del singolo e del proprio rapporto con Dio, ma travolge anche la sfera dei rapporti interpersonali e della vita pubblica, fino a raggiungere forme di degenerazione estrema, come quelle offerte dalla cronaca attuale.

Di fronte alla debolezza  relativista del singolo, e in particolare dei giovani, è importante riflettere sulle responsabilità dell’informazione e della comunicazione, sempre più immediatamente e indiscriminatamente accessibili a tutti, e sul necessario sviluppo di una loro etica.
Le istituzioni devono dare un segnale forte, offrire delle garanzie  o almeno un punto fermo ai cittadini, accogliendo ad esempio l’appello rivolto dai genitori della vittima dello stupro di Guidonia a prendere provvedimenti affinché  questi reati vengano puniti con la certezza e la severità che richiedono, perchè  “ciò che è accaduto non succeda più”.

Riguardo l'autore

vocealta