Chiudere Guantanamo è un primo atto di marketing politico per promuovere l’immagine degli Usa all’estero oppure è la prima udienza del processo nei confronti dei metodi dell’amministrazione Bush voluta dalla sinistra radicale americana? Obama non ha mai nascosto la sua intenzione di chiudere Guantanamo pur sapendo che non sarebbe stato facile convincere i paesi arabi a riprendersi i diretti interessati, e che, una volta tornati liberi, la maggioranza di loro tornerebbe tra le file di Al Qaeda come è successo con il saudita Said Al Shihri, reintegrato tra le file di Al Qaeda nello Yemen dopo un bel soggiorno a Guantanamo. Tuttavia, con quei regimi arabi che ogni anno ricevono miliardi in aiuti economici dai contribuenti americani, in un modo o nell’altro si può sempre arrivare a un compromesso.
In questo clima di venerazione globale nei confronti di Obama, anche per i dittatori mediorientali non sarà facile dire di no al nuovo Messia del 2000. I veri intransigenti però, sono invece alcuni gruppi appartenenti alla sinistra radicale americana come l’organizzazione MoveON, l’entourage di George Soros e l’establishment californiano ultra liberal che fa riferimento alla speaker of the house Nancy Pelosi. Dopo tutto il sostegno economico e mediatico datogli in campagna elettorale, quando la sinistra radicale chiama, Obama deve rispondere. Paradossalmente, in base alle notizie e dinamiche attuali, per il nuovo presidente risulta meno problematico intendersi con i regime politici arabi piuttosto che con i regimi culturali della sinistra radicale americana. E Guantanamo rappresenta quel cordone ombelicale che unisce Obama e la sinistra radicale alla madre di tutte le battaglie dei gruppi ultra sinistroidi: la politica estera di Bush con i suoi annessi e connessi come il Patriat Act , i voli della Cia e i metodi per estorcere informazioni ai terroristi come il waterboarding.
La vera vittoria di questi gruppi non è tanto l’annunciata chiusura di Guantanamo; l’obiettivo è dare la possibilità a questi detenuti di essere giudicati presso una corte civile ordinaria piuttosto che in una corte militare speciale ad hoc. I tribunali civili diventerebbero automaticamente un piattaforma in grado di ribaltare i ruoli: i potenziali colpevoli, ovvero i 97 yemeniti, i 26 afgani e i 22 sauditi che tutt’ora si trovano a Guantanamo, diventerebbero le vittime in quanto si troverebbero nella privilegiata posizione di rispondere pubblicamente alle domande sulle potenziali torture subite dai militari mettendo così l’ ex amministrazione americana, il Pentagono, la Cia e tutta la politica della guerra al terrorismo sul banco degli imputati davanti all’opinione pubblica americana e internazionale.
Le corti ordinarie, invece di essere il luogo adatto per processare i terroristi, saranno un podio tipico da conferenza stampa piena zeppa di giornalisti non interessati alla verità ma determinati a smontare l’ approccio e la validità dei metodi “bushiani” nei confronti di Al Qaeda . Alla fine, gli adepti di Bin Laden riceveranno tutti l’ergastolo e un giorno nessuno si ricorderà più di loro. Invece, l’altro imputato, George W. Bush, riceverà una condanna morale che molti libri di storia cercheranno di non far dimenticare.