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Non solo Al Jazeera. L’autocritica dei media musulmani

É ora di guardare a quella parte di bicchiere mezzo vuoto dove risiedono le nostre colpe; è ora che i management delle moschee facciano una sana autocritica per come si rapportano alle seconde e terze generazioni europee; dobbiamo riconsiderare drasticamente il ruolo e la dialettica degli imam; bisogna dimostrare di accettare diversi punti di vista, di gestire le moschee in modo più democratico lasciando spazio ai commenti scritti e a formulari anche anonimi per la valutazione della performance degli imam,di adattare il linguaggio a quelli moderni ma nello stesso tempo conoscere a fondo la lingua del paese ospitante. Si tratta di un testo di autocritica e di proposte per le comunità islamiche europee scritto da musulmano inglese, El-Sayed Amin, e pubblicato nella nuova sezione Euro Islam del sito Islamonline, il portale di muslims affairs più conosciuto e letto nel mondo. Questo articolo, si legge nello spazio introduttivo della sezione in questione, è il primo di una serie di pezzi analitici per far luce su alcune dinamiche dell’Islam in Europa, come la formazione delle degli imam, le madrase europee, quello che succede al’interno delle moschee inglesi, e il rapporto con il mondo esterno. L’articolo era accompagnato da un sondaggio, “Europe’s Muslim women: potential aspirations and challenges” commissionato dalla King Baudouin Foundation dal quale emerge come le donne musulmane che vivono in Europa si sentano pienamente e orgogliosamente europee, apprezzano valori come il rispetto della legge, la democrazia, la libertà e la valorizzazione delle differenze, e si aspettano che questi valori saranno ammirati anche dai lori figli. Le città principali di questo studio sono Londra, Brussels e Torino.Islamonline è stato fondato nel 1997. Il sito viene spesso associato allo sceicco Yusuf al Qaradawi, il più noto predicatore teleislamicogelico noto anche in Europa e in America per aver legittimato gli attacchi terroristici in Iraq e in Israele e che dispensa consigli islamici corretti e conservativi dal suo programma televisivo Sharia and Life sul network Al Jazeera. Al Qaradawi, secondo uno studio pubblicato dalla facoltà Arab Media and Society dell’ American University of Cairo, non è coinvolto nelle decisioni editoriali ne manageriali del sito. La sede ufficiale di Islamonline è a Doha, ma la maggior parte della sua forza lavoro è operativa dal Cairo. La sede cairota ospita 150 collaboratori. La holding a cui il sito fa riferimento, è finanziata principalmente da donazioni e dalla vendita di technical know-how a istituzioni islamiche nel mondo. L’approccio, sempre secondo lo studio pubblicato dall’American University of Cairo, è moralistico, conservatore, missionario, non dogmatico, è aperto a varie scuole di pensiero. Nei dibattiti on line c’è spazio alle osservazioni e ai punti di vista di non musulmani e di musulmani laici e liberali. Le pagine sono sia in arabo che in inglese e non sono congruenti. Le pagine in inglese sono elaborate principalmente per musulmani che vivono in società occidentali e per i non musulmani.La pubblicazione e la diffusione di articoli e di sondaggi come questi portano una ventata di novità di contenuto e di linguaggio nel panorama dei media musulmani e propongono un modello di retorica alternativo a quello sponsorizzato dai tradizionali mezzi di comunicazione arabi caratterizzati dalla mancanza di autocritica, di oggettività, di pluralità di idee nonché promotori della contrapposizione “Noi” “Loro” e il conseguente risentimento nei confronti del “Loro”. L’imparzialità e l’oggettività non sono i punti forti della stampa e dell’intellighenzia di riferimento del mondo arabo. I media arabi tradizionali reclamano di essere la voce legittima della coscienza e delle aspirazioni della comunità ed oltre a biasimare e condannare il mondo esterno sono soprattutto incapaci di fare una sana auto critica per i problemi nelle loro società. Ma qualcosa sta cambiando. E non si tratta di Al Jazeera. Nuovi comunicatori musulmani e media indipendenti si stanno affermando con professionalità e credibilità specialmente in America e in Europa. “Le comunità musulmane”, ha detto Shahed Amanullah dal podcast scaricabile dal sito di AltMuslim.com ( un portale americano in forte ascesa gestito da due fratelli americani musulmani di origine pakistana impegnati nella promozione e nella valorizzazione di nuove voci, di nuove idee e di nuovi linguaggi innovativi che si stanno affermando all’interno della galassia musulmana in Usa e in Europa) “devono farsi delle domande, soprattutto quelle che fanno i non musulmani quando parlano di faccende islamiche, e devono anche dare delle risposte sul perché dell’ascesa del terrorismo, sullo status delle donne musulmane in vari paesi in Medio Oriente e sull’ostilità verso il diverso. Se non ci facciamo queste domane in pubblico e nei nostri media, la gente penserà che l’Islam sia qualcosa di strano, di unico e fuori dal normale. Invece, bisogna dimostrare che l’Islam è una fede normale e che i musulmani sono gente comune che hanno le stesse problematiche e le stesse aspirazioni dei non musulmani. E per trasmettere la normalità, bisogna essere autocritici sia in pubblico che in privato”. A Shahed , fa eco Riazat Butt, un’intraprendente e brillante giornalista musulmana del Guardian e anchor del podcast Islamophonic: ”  musulmani sono ciechi nei confronti degli argomenti e delle tensioni all’interno delle comunità musulmane. Il vivere in uno stato di negazione porta solo a peggiore le cose sia nei rapporti tra musulmani, che con le comunità autoctone in Gran Bretagna. Quando noi musulmani non vogliamo affrontare gli argomenti e le percezioni sull’Islam e quelle sulle dinamiche interne alle nostre comunità, non facciamo altro che trasmettere all’esterno la percezione che i musulmani non condannano il terrorismo, accettano i comportamenti misogini e che non amiamo la democrazia”. Altmuslim, Islamphonic, e certi articoli di Islam on line, sono esempi di media indipendenti che provengono dal mondo musulmano le cui voci, le idee e i linguaggi devono essere documentati e valorizzati. Sono questi comunicatori di fede musulmana nati e cresciuti in Europa e in America che fanno le domande che nessuno altro, in medio oriente, ha il coraggio di fare in pubblico o nelle moschee; sono loro che promuovono un pensiero critico all’interno delle comunità musulmane e che incitano gli uomini e le donne della comunità ad uscire dalla logica del “Loro” e del “Noi”. “I media”, ha detto l’analista americano Reza Alsan (autore del libro No God But God) “sono le vere prossime frontiere dove si gioca la partita dell’apprendimento e la diffusione dell’Islam. Oggi i giovani musulmani americani ed europei cercano le risposte e le informazioni particolari sulla loro religione più su internet che nelle moschee. I luoghi di culto organizzati e istituzionalizzati come le moschee europee e americane, stanno perdendo la loro influenza sulla formazione delle opinioni dei fedeli e non sono più il luogo dove le comunità formano relazioni e rafforzano lo spirito di appartenenza.” Media, new media e nuovi linguaggi. Non bisogna sottovalutare come il rapporto con lo spazio e con il tempo degli uomini sia influenzato dal linguaggio. La cultura è una creazione del discorso. Essa è creata e ridefinita dai nuovi mezzi di comunicazione. La pittura, la televisione, internet e podcast influiscono sul nostro modo di pensare, di esprimerci e di relazionarci agli altri. Questo è quello che il profeta della comunicazione, Marshall McLuhan, intendeva con il suo aforisma: “the medium is the message”.

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