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Non c’è più il Fini di una volta

“Oggi i partiti assomigliano a cartelli elettorali più che a luoghi in cui affrontare il futuro del Paese”.
A parlare è Gianfranco Fini, in occasione della tavola rotonda sul rapporto tra intellettuali e politica promossa, qualche giorno fa, dall’Università di Torino. Che ha poi aggiunto: “Se i partiti continueranno a essere luoghi deputati alla propaganda e non troveranno forme di democrazia interna, le fondazioni continueranno ad avere un ruolo rilevante per la crescita della politica”.
L’ex leader di Alleanza Nazionale, quindi, continua ad andare controcorrente. La critica ai partiti (lui ne ha appena fondato uno che si chiama Pdl) segue altri interventi che hanno fatto molto discutere negli ambienti del centrodestra. Tra gli altri: ruolo del parlamento, voto agli immigrati, nuove norme sulla clandestinità,  biotestamento.
Temi più o meno caldi che sono stati affrontati dal Presidente della Camera da un punto di vista assai differente rispetto ad antiche posizioni.
Feltri, con la famosa lettera aperta su Il Giornale, ha acceso una forte polemica che pare sia sfumata con l’incontro chiarificatore tra l’ex ministro degli Esteri e il premier Berlusconi.
Non si vuole, adesso, tornare a soffiare sul fuoco: Gianfranco Fini ha tutto il diritto di cambiare idea e di esprimere liberamente e con fermezza il suo pensiero, come ha fatto fino ad ora. Anche se questo è poco condiviso dalla stragrande maggioranza del Popolo della Libertà.
Ma non si può negare a nessuno neppure il diritto al rimpianto: a parecchi elettori del Pdl manca quel Fini capace di sdoganare, insieme al Cavaliere, valori e culture di destra che fino a quel momento in Italia erano considerate tabù. Quel Fini in grado di essere alternativa credibile a un intellettualismo chiuso e inconcludente che purtroppo è ancora dominante nel Paese. Ma che, anche grazie a lui,  ha perso comunque lo smalto di un tempo.
Personalità politica che, con coraggio e lungimiranza, ha saputo fare un passo avanti (o indietro) per trasformare il suo partito in un’importante e influente forza di governo, che è riuscita a raccogliere consensi oltre il piccolo recinto che circondava l’allora Msi.
Ha guidato con Silvio Berlusconi un’evoluzione politica e sociale che trova massimo compimento nel neonato Popolo della Libertà.
Oggi – e per favore non chiamatelo linciaggio – Gianfranco Fini non sembra affatto quello di una volta. E non è un attentato alla democrazia interna se in molti, tanti, rimpiangono quella figura che ha contribuito a rafforzare il centrodestra italiano.

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