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No Jihad nel fanta calcio

Nel mondo arabo lo sport vince dove la diplomazia fallisce? Si, ma solo negli stati dal Golfo.
Nel resto dell’area, dal Marocco al Libano, nonostante le affinità storiche, la padronanza comune della lingua araba, un’identità religiosa islamica omogenea predominante, a giudicare dalla violenza pre e post partita Algeria-Egitto valida per la qualificazione ai mondiali in Africa 2010, sembra che i rapporti fra ” fratelli” siano quelli dell’antico adagio ” fratelli coltelli”. E’ bastato un goal di un giocatore algerino per aprire un’emorragia di rivalità, di tensioni, di disagi intra-arabi da Casablanca al Cairo.
Però, mentre da una parte le reazioni esasperate e le ricadute politiche e diplomatiche dopo una partita di calcio avvalorano la tesi di chi sostiene che la fratellanza tra alcuni pesi arabi esiste solo a parole e nel linguaggio dei media, della politica e delle moschee, dall’altra invece, tra paesi contrapposti che sulla carta neppure si riconoscono a vicenda come Israele e Qatar (non ci sono le rispettive ambasciate tra i loro confini nazionali), la jihad e la guerra fredda mediatica ed economica in corso tra queste due nazioni possono aspettare. E’ c’è anche una data: fino al 2022, anno dei mondiali di calcio che il Qatar spera di aggiudicarsi. Anche se non sarà amore vero, non è detto che un matrimonio di interesse sia meno stabile di quelli basati sull’emotività e sulle emozioni sincere o strumentalizzate dalla geo politica del momento.
Il Qatar, in base alle dichiarazioni fatte la scorsa settimana davanti alla stampa mondiale da parte Hassan Abdulla Al Thawadi, chief excecutive di Qatar 2022, permetterà alla squadra di calcio israeliana di giocare i mondiali sul suo territorio nel caso in cui Doha si aggiudichi l’organizzazione della coppa del mondo prevista per quell’anno. Ma non è finita qui. Per rendere più attrattiva l’assegnazione della World Cup, Il Qatar ha messo in campo anche il fattore alcolico e tecnologico. Nono solo durante i mondiali sarà ammesso il consumo di prodotti alcolici (ci saranno delle special drinking zones, cioè delle zone franche dove i tifosi possono farsi una bella bevuta) ma grazie a degli speciali ed enormi sistemi di refrigerazione si giocherà a una temperatura ambiente che non spezzi le gambe dei giocatori già nella fase di riscaldamento pre partita. Nessun accenno al topless in spiaggia per le turiste occidentali. Più probabile la presenza delle majorette a bordo campo che fanno la danza del ventre. Salsa e merengue per le squadre latine.
Chiamatelo fantacalcio, chiamatelo marketing politico (il Qatar è il più grande esportatore di gas naturali liquefatti, è un alleato americano, ma non ha rapporti politici con Israele), chiamatelo opportunismo economico, extravaganza arabesca, contropiede diplomatico, ma per una volta la tattica propositiva di un paese arabo nei confronti delle sue relazioni con lo stato ebraico ha incassato un certo consenso mediatico popolare. La potenziale presenza della squadra inaspettata, degna da fanta -film arabo del tipo “indovina chi viene a giocare”(Risposta: la squadra nazionale di calcio dello stato ebraico) è vista favorevolmente dalla maggioranza dei votanti di un fanta-sondaggio promosso dal popolare ( 80 milioni di utenti)sito di informazione araba Maktoob.com. Il 63% dei votanti ha riposto si, il Qatar fa bene a permettere agli israeliani di partecipare ai mondiali precisando come lo sport sia al di sopra di tutte le differenze ed è una celebrazione dell’umanità. Il 24% ha risposto negativamente in quanto ne risentirebbe l’unità araba, mentre un altro 8% ha detto si perché così la squadra palestinese ha un occasione per battere gli israeliani.
Molto lineare e assai fondato sui possibili benefici economici, politici e d’immagine in occidente, il punto di vista degli organizzatori di Doha: “Questa è una sfida storica” ha sottolineato il numero uno del calcio del Qatar Hassan Abdulla Al Thawadi alla conferenza stampa nella quale ha annunciato la candidatura del Qatar all’organizzazione dei mondiali 2022. “Ci permetterà di aprire le porte tra l’oriente e l’occidente, di comunicare di più e di conoscerci a vicenda”.
Mentre il Qatar pensa a come aggiudicarsi e organizzare un campionato mondiale ed è proiettato verso un futuro prospero e innovativo, gli altri paesi arabi, che si conoscono a vicenda molto bene, non riescono neppure a iniziare e a finire in santa pace una partita di calcio all’insegna dello sport e della fratellanza pan araba. Anzi, invece di fare network e sinergia, piuttosto che approfittare delle partite tra le nazionali per organizzare eventi culturali, incontri economici bilaterali e meeting politici liberi dal linguaggio nazionalista panarabista che regna alle riunioni collettive della Lega Araba, i tifosi si picchiano a vicenda, i governi richiamano e convocano i rispettivi ambasciatori, i figli dei presidenti fanno proclami di guerra (Alaa Mubarak, uno dei due figli del rais egiziano, dopo la partita persa dalla sua nazionale contro l’Algeria ha chiamato in diretta Tv un talk show egiziano dicendo che quelli che umiliano l’Egitto saranno presi a sberle in faccia); gli esaltati bruciano le bandiere, i delusi distruggono i negozi, qualcuno prende a sassate le sedi di Egypt Orascom Telecom ( con conseguente rimpatrio di 25 dipendenti egiziani) e dell’Egypt Air. In Algeria in risposta al lancio di pietre che aveva accolto il pullman che trasportava la squadra algerina in un albergo del Cairo, gli hacker riescono a pubblicare la foto della bandiera di Israele sul sito della federazione nazionale di calcio algerina, e dei burocrati algerini sospendono le pratiche amministrative riguardanti il prossimo matrimonio di una ragazza locale con il fidanzato egiziano. No jihad contro Israele e tanto alcol in Qatar; si a jihad e no love tra fratelli e sorelle nel resto nel mondo arabo.

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