Due notizie giungono in questi giorni dai margini dell’Europa, una da Copenaghen, l’altra da Mosca, entrambe che potrebbero in parte ledere la libertà dell’individuo.
A Copenaghen, dopo circa 5 anni di battaglie legali, l’Alta Corte danese ha emanato la sentenza per lo smantellamento di Christiania, il quartiere più caratteristico e, allo stesso tempo, più contradditorio della capitale scandinava, dove le droghe leggere sono tollerate, non esiste la proprietà privata, e dove i pochi abitanti rimasti non pagano le tasse, ma danno solo un contributo allo Stato per le utenze di luce, acqua e gas. La comune più grande d’Europa, con i suoi circa 40 anni di vita, è dunque costretta a decidere a questo punto (chissà se anche stavolta all’unanimità, come prevedrebbe il regolamento interno) se ricorrere alla Corte suprema, con il rischio di dire per sempre addio al proprio sogno hippie, oppure se concordare con gli organi di Governo danese una soluzione meno drastica e, probabilmente, più auspicabile per il loro destino. Non dimentichiamoci infatti che, mentre la zona rossa di Amsterdam è caratterizzata da malavita e malcostume, Christiania è un luogo che i progenitori degli attuali abitanti risollevarono dal degrado e fecero diventare simbolo stesso di Copenaghen, nonché metà turistica da parte di tutti i cittadini del mondo. Un luogo dove regna la calma e la tranquillità assoluta, propria, altrove, solo dell’isola di Utopia di Thomas More o della Città del sole di Tommaso Campanella. Sono quindi necessari degli accorgimenti degli organi politici, per evitare che vi possano essere persone che si ritengano superiori alla legge; nondimeno è difficilmente immaginabile che 1000 persone nate e cresciute in una realtà del genere riescano nell’immediato a reinserirsi nel tessuto sociale di Copenaghen.
A Mosca, contemporaneamente, il sindaco 72enne Yuri Luzhkov ha deciso di investire qualcosa come 1,76 miliardi di rubli (più di 40 milioni di euro), spalmati su 5 anni, per ammodernare ed implementare gli impianti di diffusione sonori, o altoparlanti, già in passato installati nelle strade e nelle abitazioni private e ora non più presenti o mal funzionanti. Non è ben chiaro a cosa possa servire una spesa del genere, il documento ufficiale non ne parla con precisione, si dice però che possa essere utile per la difesa dell’Artico e dei giacimenti petroliferi siberiani.
Durante i circa 44 anni in cui la Guerra fredda perdurò (o meglio venne definita tale) tali diffusori rappresentavano perlopiù un simbolo del regime, necessario, ufficialmente, per informare i cittadini di un eventuale attacco chimico o nucleare, ma, sostanzialmente, per diramare i comunicati ufficiali di Stalin, Kruscev o Breznev, e diffonderli capillarmente.
A partire dalla fine degli anni ’80, invece, mentre l’U.R.S.S. stava disciogliendosi, i leader che si sono alternati al potere, da Gorbacev a Putin, passando per Eltsin, hanno avuto difficoltà a distaccarsi dai retaggi culturali propri di quella che era la seconda potenza mondiale, e di un luogo ove la vita aveva un valore diverso ed inferiore rispetto all’Occidente; tuttavia, allo stesso tempo, hanno avuto il merito con ricette liberiste di superare la spaventosa crisi economica che stava schiacciando la Russia già dagli anni ’80, con un’inflazione incontrollabile. Con le stesse politiche hanno quindi ridimensionato di molto l’intervento dello Stato nell’economia e nella vita dei cittadini, hanno reso possibile una globalizzazione verso est, impensabile sino a pochi anni prima, e sono stati in grado di far superare completamente le paure di un conflitto atomico tra Occidente e Oriente, allineandosi anzi su un’apertura inattesa nei confronti del loro nemico di sempre.
Ora, l’impressione è che questa disposizione di Luzkhov possa avere effetti più negativi che positivi sul sentore degli osservatori mondiali e venga da molti intesa come un ritorno al recente passato.
E’ altresì vero che anche in realtà dove la democrazia è ormai affermata, diffusori sonori sono presenti ovunque, dalle metropolitane ai centri commerciali, ed hanno il semplice compito di informare i cittadini della bontà di un’iniziativa pubblica, di un problema alla circolazione, piuttosto che dell’esistenza di un nuovo prodotto commerciale.
Attendiamo quindi risvolti della vicenda danese e dei chiarimenti da parte di Mosca.