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L’Italia dei gufi

Gufi, disfattisti, anti-italiani. Sono tanti e di diverso tipo. Vivono tra noi e fanno parecchi danni.
Non solo in politica o nel calcio. Ma anche nella vita normale di tutti i giorni.
A scuola erano quelli che invece di preoccuparsi per le proprie disgrazie, sghignazzavano – dai banchi della prima fila – se esitavi maldestramente alla lavagna, durante una di quelle interminabili e terribili interrogazioni del lunedì mattina.
All’università erano quelli che prima di pensare a se stessi volevano a tutti i costi sapere il voto del tuo esame, sperando di accomodarsi felicemente sulle tue sventure.
Il calcio poi è infettato da gufi: c’è chi è arrivato ad auspicare il crollo della nazionale perché non sopporta, geneticamente, l’allenatore Marcello Lippi. Senza dimenticare tutti quelli che fanno sempre e solo il tifo contro: che perda l’Inter, la Juve o il Milan. Mi basta e mi avanza. Si gode solo sulla disfatta. E’ una sorta di gioia negativa, che si alimenta con poco e vive perennemente di rendita.
In politica è divenuta oggi una vera e propria ragione di vita: distruggere e non costruire. Puntare l’uomo, incrociare le dita e sperare che venga investito da un cataclisma.
E’ un vecchio vizio italico: il gufo c’è e ci sarà per sempre.
Ma per fortuna la natura umana è dotata anche  di una seconda categoria: quelli che realizzano, che ci credono. Che vivono di ottimismo e se ne infischiano delle invidie altrui. Prima di interessarsi alle catastrofi del vicino,  pensano a migliorare la loro esistenza e vanno avanti per la loro strada. Hanno ancora dei sogni e, nonostante il cinismo universale, vogliono coltivarli con passione. Sono quelli che rischiano, ci mettono la faccia. Ci provano fino alla fine.
Ecco, ora un quesito facile facile: secondo voi, a quali di queste due categorie appartiene il Presidente del consiglio Silvio Berlusconi?

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