Il “Socing”, Il Socialismo Inglese descritto da George Orwell in “1984”, era un sistema di potere attraverso il quale imporre una forma assoluta di totalitarismo alla società civile mascherandola dietro l’assunzione di una liturgia democratica. In teoria per il Socing tutto era permesso; amare, pensare, scrivere, rallegrarsi, purché lo si facesse solo ed esclusivamente secondo i suoi principi. L’opera di Orwell, un grido d’allarme contro la tolleranza che si tramuta in indifferenza autodistruttiva, si dimostra essere estremamente attuale, in particolar modo quando oggi si discute d’immigrazione ed integrazione. Infatti è impossibile, ai nostri giorni, sottolineare e criticare gli effetti negativi che le società multiculturali europee stanno dimostrando di avere senza imbattersi in accuse di razzismo e xenofobia. Tuttavia, la mia onestà intellettuale ed il mio coraggio mi obbligano a fare certe considerazioni.
Chi scrive si ritiene ancora una voce libera, fieramente amico di persone straniere e/o appartenenti a diverse culture religiose (cristiani, ebrei, musulmani), ma anche fieramente sostenitore del fatto che la negazione delle diversità esistenti tra culture e tradizioni, e l’assimilazione forzata delle persone, siano tra le peggiori forme d’intolleranza possibili. Una limonata è buona se bevuta con dello zucchero, ma pessima se bevuta con del sale. Zucchero e sale sono entrambi ingredienti, tuttavia non producono lo stesso effetto e non possono essere usati indistintamente. Allo stesso modo ogni Paese, essendo detentore di una sua identità, ha il diritto di scegliere liberamente, al fine di tutelare il proprio “buono”, quali e quanti altri elementi culturali ricevere al suo interno. Il punto, quindi, non è discutere sulla bontà o meno del concetto d’integrazione, bensì prendere coscienza che non tutto ciò che viene compiuto in nome dell’integrazione può risultare essere “buono”.
Coloro che oggi si scandalizzano per il risultato del referendum svizzero che ha detto NO alla costruzione di nuovi minareti nel Paese, valutando ciò come “un ostacolo all’integrazione” o peggio ancora “un voto non ragionato”, oltre a mancare di rispetto ad una decisione che è espressione della libera volontà popolare, dimostrano di non capire affatto che il risultato di questo voto è la naturale conseguenza di una distorta applicazione del concetto di tolleranza che l’establishment del potere ci ha incautamente somministrato. Tale applicazione ha finito, infatti, per produrre poco rispetto, ma tanta paura, incomprensione, e rabbia. La tolleranza che ci è stata volutamente propinata fino ad oggi non è stata altro che una nuova forma di dogmatismo religioso da accettare senza se e senza ma. Da questa chiara volontà derivano, poi, i pensieri di chi ritiene che la cittadinanza sia un diritto da concedere il più acriticamente possibile, servendosi magari di slogan propagandistici del tipo “l’Italia a chi la ama”, i pensieri di chi ritiene che il mondo occidentale in genere abbia risorse tali da ricevere un’illimitata quantità di immigrati (incoraggiando, così facendo, i paesi più poveri del pianeta a non limitare la crescita della propria popolazione), e, infine, i pensieri di chi ritiene che le singole identità culturali dovranno essere eliminate per far spazio al “totalitarismo del mercato”.
La vera tolleranza non ci impone di accettare condotte ed atteggiamenti che possono causare danno o malessere, e continuare a tappe forzate, così come si sta facendo, con la snaturalizzazione dell’identità europea condurrà inevitabilmente la nostra Comunità ad un danno irreparabile, vale a dire la morte della sua Anima.
Chi scrive si ritiene ancora una voce libera, fieramente amico di persone straniere e/o appartenenti a diverse culture religiose (cristiani, ebrei, musulmani), ma anche fieramente sostenitore del fatto che la negazione delle diversità esistenti tra culture e tradizioni, e l’assimilazione forzata delle persone, siano tra le peggiori forme d’intolleranza possibili. Una limonata è buona se bevuta con dello zucchero, ma pessima se bevuta con del sale. Zucchero e sale sono entrambi ingredienti, tuttavia non producono lo stesso effetto e non possono essere usati indistintamente. Allo stesso modo ogni Paese, essendo detentore di una sua identità, ha il diritto di scegliere liberamente, al fine di tutelare il proprio “buono”, quali e quanti altri elementi culturali ricevere al suo interno. Il punto, quindi, non è discutere sulla bontà o meno del concetto d’integrazione, bensì prendere coscienza che non tutto ciò che viene compiuto in nome dell’integrazione può risultare essere “buono”.
Coloro che oggi si scandalizzano per il risultato del referendum svizzero che ha detto NO alla costruzione di nuovi minareti nel Paese, valutando ciò come “un ostacolo all’integrazione” o peggio ancora “un voto non ragionato”, oltre a mancare di rispetto ad una decisione che è espressione della libera volontà popolare, dimostrano di non capire affatto che il risultato di questo voto è la naturale conseguenza di una distorta applicazione del concetto di tolleranza che l’establishment del potere ci ha incautamente somministrato. Tale applicazione ha finito, infatti, per produrre poco rispetto, ma tanta paura, incomprensione, e rabbia. La tolleranza che ci è stata volutamente propinata fino ad oggi non è stata altro che una nuova forma di dogmatismo religioso da accettare senza se e senza ma. Da questa chiara volontà derivano, poi, i pensieri di chi ritiene che la cittadinanza sia un diritto da concedere il più acriticamente possibile, servendosi magari di slogan propagandistici del tipo “l’Italia a chi la ama”, i pensieri di chi ritiene che il mondo occidentale in genere abbia risorse tali da ricevere un’illimitata quantità di immigrati (incoraggiando, così facendo, i paesi più poveri del pianeta a non limitare la crescita della propria popolazione), e, infine, i pensieri di chi ritiene che le singole identità culturali dovranno essere eliminate per far spazio al “totalitarismo del mercato”.
La vera tolleranza non ci impone di accettare condotte ed atteggiamenti che possono causare danno o malessere, e continuare a tappe forzate, così come si sta facendo, con la snaturalizzazione dell’identità europea condurrà inevitabilmente la nostra Comunità ad un danno irreparabile, vale a dire la morte della sua Anima.