Nonostante le molte nuove ed ampie strade, i semafori che si vedono anche da un Km di distanza, multe salatissime per gli automobilisti e per i pedoni, il rischio di morire in un incidente stradale negli Emirati Arabi è sei volte superiore alla possibilità di essere investito da un tassista tra le strade della caotica Il Cairo dove i semafori e le strisce pedonali, quando ci sono, spesso sono un optional. Lo rivela un articolo pubblicato dal quotidiano in Inglese TheNational, un recente prodotto editoriale in inglese pubblicato negli Emirati Arabi attento ai nuovi linguaggi, ai costumi e ai trend in ascesa tra i sette Emirati del golfo.
Paradossalmente, sostiene l’articolo, il non rispetto delle regole stradali del Cairo rende la viabilità più sicura. La frenesia del rispetto delle regole ad Abu Dhabi e Dubai invece, non si è dimostrata un deterrente efficace per i pirati della strada. Il motivo: gli automobilisti negli Emirati si aspettano che i pedoni e gli altri veicoli rispettino le regole. L’anno scorso, negli Emirati, gli incidenti stradali hanno causato la morte di 1.050 persone. A Dubai sono morti 106 pedoni. Quest’anno,ad Abu Dhabi, nei primi 3 mesi sono morte 26 persone e 117 sono state investite.
In Egitto invece, nel 2008, secondo stime governative, i morti sulle strade sono stati 7,149. Considerando come la popolazione negli Emirati Arabi sia intorno ai quattro milioni e seicento mila persone mentre gli egiziani sono circa 80 milioni di cui 18 residenti al Cairo, secondo il rapporto tra popolazione e vittime causa incidenti stradali, la vita sulla strade per i pedoni e per gli automobilisti è meno pericolosa nella terra dei faraoni. Gli automobilisti del Cairo, in maggioranza tassisti, sanno che i pedoni non tengono conto del flusso del traffico e della segnaletica stradale per cui mettono sempre in preventivo di dover fare lo slalom tra Tazio, Cairo e Mohammed.
I pedoni di Abu Dhabi e Dubai che si apprestano ad attraversare uno “stradone” a 4 corsie per senso di marcia, vengono avvistati e lampeggiati a 50 metri di distanza. La prevenzione finisce lì. Dopo di che, sostiene l’analisi del TheNational, chi guida un veicolo si assume il diritto di guidare senza prudenza mettendo in preventivo che gli altri rispettino le regole. Mentre la struttura architettonica delle strade e il flusso della viabilità negli Emirati sono estensioni dell’ordine sociale, del rispetto della legge e anche della mania di grandezza dei regnanti, la vita sulla strade del Cairo è uno spaccato del sistema egiziano e un riflesso dell’ intento che accomuna automobilisti e pedoni: arrivare a fine giornata senza collisioni con il sistema.
Anche se non c’è rispetto per le regole, tra autisti e pedoni del Cairo esiste un codice di comportamento solidale, invisibile, che probabilmente ha a che fare con il fatto che gli autisti e i pedoni non cercano di arrivare solamente a una destinazione fisica, ma si fanno in quattro per sopravvivere con dignità sino alla fine della giornata. Se si capiscono le dinamiche e i comportamenti che gli egiziani tengono agli incroci e negli ingorghi, si comprendono molte sfumature della mentalità locale contemporanea e si giustificano anche certi atteggiamenti che di primo acchito possono far infuriare un occidentale che affitta una macchina e si addentra nel caos del Cairo. In fondo, quello che succede sulle strade del Cairo, è un riflesso di quello che avviene nel macrocosmo egiziano e nei piani alti del potere politico.
Il traffico caotico è l’incrocio della corruzione statale e della scarsa pianificazione urbanistica con una popolazione esasperata, e nello stesso tempo è la rappresentazione dell’establishment politico, della burocrazia e dell’involuzione sociale ed economica che sta vivendo il paese, in particolare Il Cairo. Invece, le performance della gente comune in auto, sono la metafora dei rimedi e degli stratagemmi adottati dagli egiziani per non essere soffocati dal sistema. Guidare nei sensi unici, non mettersi le cinture, cercare continuamente delle scorciatoie, dare una mazzetta al vigile( che l’ accetta sempre ben volentieri), la negligenza nella guida, lasciare la macchina in mezzo la strada quando non va più fregandosene della coda che si forma, sono gli atteggiamenti tipici che gli egiziani adottano nella loro vita quotidiana in risposta alle avversità e alle ingiustizie.
Essi affrontano la vita alla giornata ma soprattutto reagiscono alla inadeguatezza dello Stato nello stesso modo in cui sfidano il traffico ogni giorno. Come non ci sono standard di sicurezza né rispetto formale per i pedoni da parte degli automobilisti, non esistono standard di performance nella guida del paese, nè rispetto per i diritti civili da parte dell’establishment politico. Se lo Stato si tiene in vita puntando al ribasso della qualità della governance, è inevitabile che anche il sistema paese cerchi di sopravvivere con i metodi più disperati. Mentre lo Stato si è collocato nella posizione di ottenere il massimo con il minimo sforzo, la popolazione è stata messa in una posizione dove deve raggiungere il minimo risultato personale e collettivo con il massimo dell’impegno . Essere in grado di giungere a destinazione con la propria macchina in mezzo a quel traffico esasperato senza incidenti nè tamponamenti tra 18 milioni di persone, equivale ad arrivare a fine mese senza imbrogliare i propri vicini o derubare i turisti. Il paese alla fine riesce ad andare avanti. Bisogna sempre trovare una scorciatoia e stare attenti a non farsi investire, ma alla fine si arriva sempre a destinazione, e in modo o in un altro si riesce sempre a trovare le risorse per sopravvivere sino alla fine del mese. Da questo punto di vista, il povero Egitto ha una marcia in più dei ricchi Emirati. (Da Il Sole 24 Ore)