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L’amore e la Calamità

Ti capita di sentire la prima scossa nel sonno, e riaddormentarti contento e un po’ eccitato, conoscendo solo quello che è successo nella tua stanza. La mattina ti svegli e scendi in strada. Mentre cammini già pensi a quale sarà la giornata politica, chi avrà ragione e chi no, chi eviterà di affrontare le spine politiche aggrappandosi alla retorica, e chi offenderà aggrappandosi al populismo. E pensi a come i giornali di domani offenderanno le intelligenze delle persone.
Un camioncino del latte con la porta aperta e il padrone che inaugura il pacco di sigarette, fanno da scenario alla radio che si staglia nel silenzio di una città ancora addormentata.
“… ricorda quanto accaduto in Irpinia negli anni ‘80”. Continui a camminare, poi ci pensi e ti blocchi. Da quel momento, per giorni, il tuo stupore non avrà fine, e crescerà ad ogni notizia, ad ogni numero, ad ogni telegiornale.
Si spera, si sogna, ma non si pensa mai che possa capitare a noi, “quella” cosa. Il disastro, la catastrofe, ci appaiono sempre così lontano da affascinarci, come un’essenza orientale o un ballo sudamericano. Il resto della vita procede con ragionevolezza. Si tenta di applicare giustizia alle nostre decisioni. Si distribuiscono lamentele ed elogi con l’aiuto della ragione. Ed ecco, durante la notte, arrivare il Nulla che distrugge centinaia di vite, una città, un modo di vivere insieme. Senza che si possa dare colpe a nessuno. Senza che si possa ragionevolmente porvi fine. Senza tempo, senza scampo.
Facendo politica, pensi di alleviare dolori, di migliorare situazioni, applicando ragione e passione alle tue giornate.
Un giorno, in un attimo, bloccato in mezzo ad una strada, ti accorgi che nella vita c’è altro. C’è una parte, una dimensione del mondo che ti sfugge e che continuerà a farlo.
Amore e Calamità, due opposti ai margini del cerchio della Ragione.
Il paradosso sta nel vedere, quando compare una Calamità, l’altro estremo che si enfatizza. Lo spirito di una nazione si sveglia, si alza e tira un sospiro energico. Non per un impero, non per una guerra, non per Piazzale Loreto o per le monetine a Craxi, ma per dimostrare a se stessi che si è migliori di come si crede di essere.
Quasi a dire: “Si, sono un uomo e la mia dignità dipende da quanto amore rivolgo a queste persone”.
Senza questo spirito, questo mistero, l’Italia non esisterebbe.
Diceva De Andrè: “Ma l’amore ha l’amore, come solo argomento. E il tumulto del cielo, ha sbagliato momento”.

 

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