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Di Pietro, Travaglio e Santoro…

Se prima erano in tanti a ballare l’Alligalli dell’antiberlusconismo , tutto insulti e moralismi, adesso sono rimasti in tre: il politico d’assalto, il giornalista predicatore e il personaggio tv.
Il primo, di nome Tonino, ha pensato bene di spingere sull’acceleratore per recuperare il consenso di quella sempre più piccola parte di elettorato che odia di principio il Cavaliere e che non si sente più rappresentata da quell’oggetto misterioso chiamato Partito Democratico. Quando gli occhi di Di Pietro si fanno spiritati e la sua parlata, da sabato pomeriggio in un qualsiasi bar di provincia, mira solo a screditare senza appello il presidente del consiglio, i nostalgici hanno il classico colpo di reni d’orgoglio.
Poi c’è il secondo, Travaglio ovviamente, che su Berlusconi ci ha costruito una carriera. E senza di lui avrebbe una forte crisi d’identità mediatica. I suoi monologhi senza contraddittorio in onda ad Annozero, a quanto pare, per qualche benpensante sono il sale della democrazia.
Il terzo, mitico e inossidabile Michele Santoro, è un maestro del piccolo schermo a fine carriera. Terminati gli anni d’oro, non resta che sparare le ultime cartucce televisive contro il tiranno venuto  da Arcore.
Ecco, i tre sopravvissuti all’Italia Berlusconiana fanno quasi tenerezza per la loro tenacia, per la loro folle coerenza. Ma se poi ti accorgi che nemmeno dinanzi all’enorme tragedia abruzzese, ai morti, al dolore, alla paura e alla commozione del Paese intero hanno rinunciato a raccontare con faziosità  una realtà che non esiste, col solo scopo di irridere il comune nemico, la tenerezza diventa quasi rabbia, irritazione, sconcerto. Se qualcuno poi glielo fa notare e si  permette di non essere d’accordo,  viene tacciato per censore e nemico della libertà d’informazione ed espressione.
Meno male che l’Italia ha ancora una volta dimostrato di essere ben altro e di non avere bisogno di questi finti martiri e pseudo eroi.

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