Archivio di Spettacolo

La tv italiana con gli occhi di Dante

‹‹A San Piè, damme a’ quattro, zomma zomma…››. Un nuvoletta leggera si è alzata lenta, a piccoli cerchi, continua e ininterrotta. Non poteva che finire così lui, che ha frequentato tutto, a bocca aperta: i casinò, le donne, il fumo, la vita, gli studi televisivi, Rai e Mediaset, le reti locali, Carlo Freccero e Silvio Berlusconi. Lui, che in una frase ha riassunto l’esprit du temps: ‹‹La tv è come la merda, bisogna farla ma non guardarla››.
Scrive così Massimiliano Lenzi – autore di C’è posto per te. Inferno, Purgatorio e Paradiso della tv italiana, con nomi e cognomi – immaginando nel Paradiso televisivo il grande Gianfranco Funari. Prima di giungere alle porte del Paradiso, però, Lenzi dovrà percorrere Inferno e Purgatorio accompagnato dal suo Virgilio, l’immarcescibile Mike Bongiorno.
Scritto con un linguaggio moderno e accattivante, il percorso ultracatodico firmato da Massimiliano Lenzi è uno dei prodotti migliori che si possano trovare nelle librerie italiane, il libro dell’estate 2009 già consacrato dal Foglio, Striscia la Notizia e Anno Zero.
L’autore è un geniale giornalista fiorentino trentacinquenne che scrive sul Foglio e legge il Predellino.
Per Lenzi, dopo cinquantacinque anni di televisore davanti al divano, il ‘C’è posto per te’ è l’erede del ‘Tengo famiglia’.
Chi è più goloso di televisione di Bruno Ciacco Vespa? Batte persino quel traghettatore di anime dannate che risponde al nome di Caronte Costanzo.
Colto ma lieve, il libro di Lenzi resta sempre aderente al poema dantesco che cita frequentemente, non disdegnando, a seconda del caso, Leo Longanesi, Silvio Berlusconi, Orson Welles, persino Benito Mussolini. Lo scrittore rivela le sue grandi doti di ricercatore con un’inedita ricostruzione del fenomeno Uccelli di Rovo (1983) che da sola varrebbe una tesi universitaria.
In ‘C’è posto per te’ anche il risotto di D’Alema è segno dei tempi. Lenzi descrive con sferzante ironia un mondo in cui l’uomo non è più ne sapiens né videns. La tv vuole farla, ricalcando (inconsapevolmente) il suggerimento dell’indimenticabile Gianfranco.
In 130 pagine, con il pregio dell’ironia e la scusa della burla, l’autore mena – letteralmente – fendenti a destra e a sinistra. Sempre però evitando forzature. Perfetta, ad esempio, è l’identificazione dell’Amor nostro nei versi del Sommo:
Berlusconi è il Marco Lombardo dei nostri tempi. Il parallelismo è nitido ma, a scanso di equivoci, lo spieghiamo in  poche righe. Dante Alighieri, nel Purgatorio, sceglie la figura di Lombardo, uomo del nord, per farla portavoce della sua dottrina etico politica e dei suoi sentimenti. Lo stesso hanno fatto gli italiani con Silvio Berlusconi, il Cavaliere che ha inventato la tv privata in Italia e oggi è presidente del Consiglio.
Emilio Fede è Celestino V, il Papa del gran rifiuto. Enrico Mentana è il Conte Ugolino, ‹‹La bocca sollevò dal fiero pasto››. E poi Fiorello, Veltroni, Chiambretti, Fabio Fazio, Antonio Ricci, Gianni Minà, Giovanni Minoli, Andrea Roncato e molti altri ancora. Ma il libro bisogna comprarlo. L’editore è Vallecchi e sono dodici euro e cinquanta centesimi di godimento.

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