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La leggenda del santo bevitore

Dormire sotto un ponte in compagnia di qualcosa da bere e rifiutare radicalmente di appartenere a un modello sociale, pare essere questa la decisione di molti clochard.
Non c’è più niente da perdere e allora si aspetta il giorno in cui qualcosa potrà cambiare: un miracolo.
La leggenda del santo bevitore di Joseph Roth, propone al lettore la descrizione attenta di un uomo senza meta, soggiogato dalle sue giornate, intento a estinguere un prestito.
Per raggiungere l’obiettivo, il vagabondo Andreas Kartak dovrà sottoporsi a numerosissime sfide, a incontri che provocheranno in lui dei veri e propri subbugli. Spinto da un forte senso dell’onore, Andreas sembra non trovare la serenità perché le convenzioni sociali sono ormai lontane da lui, non hanno nessuna possibilità di essere accolte poiché egli può confrontarsi soltanto con i ricordi disordinati, confusi dall’alcool.
Ma quando si riesce a convivere con lo spirito della sopravvivenza, allora tutto è possibile, tutto ciò che accade è soltanto qualcosa in più, e semplicemente sovrabbondante.
Lo scrittore suggerisce al lettore un modo per riflettere sul limite e sull’essenziale. In questo modo non ha più valore avere un cognome, un lavoro, una casa, un amore e forse nemmeno un Dio. Roth si racconta in questa breve storia, inserendosi nella Francia del 1934, quella stessa terra che l’ha ospitato dopo l’esilio dalla Germania nazista, che l’ha portato a errare e a trovare uno spazio per scrivere liberamente.
Passano i giorni, i piaceri momentanei; così Andreas sfida la vita, nella consapevolezza della propria temporaneità; in questo modo il sorso di numerosi pernod si rivela la chimera per lo scrittore, lontano dall’attualità e dal mondo “contemporaneo”. E la vita di Joseph Roth è l’esempio di quei numerosi artisti, scrittori, filosofi che non hanno mai trovato il sostegno dal proprio tempo, perseguitati da uno straziato destino, il quale può regalarli soltanto l’inattualità.

   

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