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La bomba per Borsellino era eversiva

Basta! Non se ne può più!

L’anniversario della strage di via d’Amelio è diventata presto l’occasione per commemorare la ipocrisia e la falsità sulla quale è basata la seconda repubblica.
Riina esce dal guscio e dice: “Borsellino morì perché non accettò la trattativa tra lo stato e la mafia. Ma non siamo stati noi”.
Certo che non sono stati loro! Quelli a Falcone e Borsellino non sono due attentati mafiosi. Lo dicono non solo le modalità, ma anche la logica. I governi degli anni ’80 sono stati quelli che hanno fatto, e applicato, la legislazione antimafia più forte dai tempi del fascismo. Falcone andò a lavorare per il Governo. Prima ancora istruì il maxiprocesso e fece crollare la cupola. Gli ostacoli più forti Falcone li trovò tra i suoi colleghi magistrati, non nella politica. Tutto cambiò nel ’92. Dopo 10 anni, mafiosi si sono svegliati e hanno deciso di piazzare bombe qua e là?! Hanno deciso di provocare la reazione energica dello Stato? E’ persino evidente che tutto quello che è avvenuto nel ’92-‘93, compresa “Mani pulite”, il parlamento degli inquisiti, gli arresti eccellenti, faceva parte dello stesso nuovo disegno, per mettere al potere una diversa classe dirigente, sia a Roma che nelle campagne siciliane, che nei consigli d’amministrazione delle banche.
Sul luogo dell’attentato al giudice Falcone, il Prefetto Parisi, capo della Polizia, fece una distinzione tra questi attentati e quelli degli anni di piombo: “Quelle bombe stabilizzavano, queste sono fatte per cambiare il sistema”. Sentite qui: “Chi sono i criminali che hanno messo bombe e hanno ucciso servitori dello stato? Qualcuno dice che è stato il vecchio sistema che resiste: lo potrebbe credere solo un’opinione pubblica stordita, da una propaganda falsa, spregiudicata, e persino nazistoide!”. Questo Bettino Craxi nel ’92. E’ tutta qui la verità. E’ stato il vecchio sistema che resisteva? Ci hanno provato per 15 anni ad incriminare Andreotti, con un nulla di fatto. Allora è stato il nuovo sistema per emergere! Allora Tangentopoli a Milano non era altro che la stessa operazione, adattata alla società, messa in atto in Sicilia. Allora si dovrebbe pensare come mai ci sono magistrati in voga da 15 anni, come Caselli, Ingroia, Scarpinato, che hanno istruito i processi ai Mannino, agli Andreotti (con una teoria accusatoria del vecchio sistema che resiste), finiti poi in un nulla di fatto, perseguitando cittadini rivelatisi innocenti, cambiando il sistema politico, facendo sprecare un vagone di soldi allo stato, e soprattutto non trovando mai i veri mandanti? Perché parlano ancora? Perché Caselli ha fatto carriera? Perché Violante si è ritirato in una aurea pensione? Perché Ingroia ancora rilascia interviste? Perché Borrelli fa il padre della patria? Perché Di Pietro fa il tribuno della moralità?
Vedete, se chi vi scrive non fosse romagnolo, ma siciliano, questo articolo potrebbe costargli il carcere per collusione con la mafia. Come è costato a tanti uomini liberi siciliani che in questi anni hanno tramandato la verità. La verità, in questi anni, costa la libertà. Come è costata a Bruno Contrada, che ancora è agli arresti domiciliari. Com’è costata a Bettino Craxi, morto esule di un sistema mafioso.
Quello che il “nuovo sistema” non aveva calcolato, una volta eliminati i partiti di governo lasciando intatto il centrosinistra, era un ometto simpatico e idealista che in 3 mesi ha creato il più grande partito d’Italia, riportando il sistema ad avere una parvenza di democrazia. E hanno inquisito anche lui! Si è “scoperto” che le bombe a Falcone e Borsellino le aveva messe Fininvest! Che Dell’Utri era il nuovo Brusca!
L’unico modo che abbiamo per uscire da questo “stato” di cose, è un vera riforma della giustizia: ma secondo il governo “c’è tempo per trovare ampie convergenze, dopo le vacanze”.
Che abbiano il coraggio di dirlo sulle lapidi di Falcone e Borsellino!

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