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Inhouse Coffee la risposta araba a Starbucks

L’arabizzazione dell’esperienza di prendere un caffè in compagnia degli amici fumandosi un narghilè, attaccando bottone agli sconosciuti, chattando dall’i-phone, flirtando con le altre clienti, guardando i video delle cantanti libanesi, è la risposta della catena di caffetteria siriana Inhouse Coffee all’espansione di gruppi come Starbucks nelle vie trendy di Cairo, Dubai, Beirut e Abu Dhabi. Il primo ottobre, Inhouse Coffee, una catena di caffetterie operativa dal 2002 a Damasco, ha aperto il primo dei 25 outlet presso il Sharjah’s Sahara Centre negli Emirati. “Vogliamo portare ritmi, riti, linguaggi e comportamenti quotidiani tipici della nostra cultura nei nostri locali, insomma un’atmosfera fatta di traffico e di entertainment all’araba” ha detto il CEO Omar Takdin. Esattamente l’opposto della politica di marketing adottata nel 2002 volta a ricreare un ambiente e un’esperienza “western style” alla Starbuks nella capitale siriana. L’America non va più di moda ? No, è solo che il business nel mondo arabo si è adeguato alle dinamiche impreviste della globalizzazione.
Questa conversione sulla via di Damasco potrebbe essere un modello da seguire per quei ristoratori e imprenditori di caffetterie in Italia alla ricerca delle chiavi culturali in grado di aprire le porte di quel mercato in crescita fatto di quattro milioni di immigrati e quasi 600 mila seconde generazioni. Un modello che soddisferebbe anche una delle inspiegabili ma attuali dinamiche della globalizzazione secondo la quale più si facilitano gli spostamenti delle persone e delle idee da un paese all’altro e più si rafforzano l’attaccamento alle tradizioni, il senso dell’identità, e si accentuano anche pubblicamente le particolarità della cultura di provenienza. Una prospettiva che gli scettici del multiculturalismo, a torto o a ragione, guardano con diffidenza ma che dal punto di vista del potenziale business può rivitalizzare certi segmenti della nostra economia. Infatti, ricreare in un locale un ambiente e un’atmosfera particolare e proporre l’esperienza culturale di un paese e di una cultura straniera, sono quei servizi aggiunti che non si trovano sul menù, ma che possono avere un effetto a colpo sicuro per la fidelizzazione del cliente. “Il servizio” sostiene il grande maestro del marketing Tom Peters, “è una transazione. L’esperienza invece è un evento a più fasi (inizio,sviluppo e fine) che ci lascia un ricordo indelebile. Oggi, il valore aggiunto di un’azienda, piccola o grande che sia, viene dalla qualità dell’esperienza provata dal cliente, dove la presenza diventa avventura, la percezione diventa esistenza, il gusto diventa senso”. Per cui, immaginiamoci un arabo o il figlio di un immigrato cinese in un locale multi etnico nel centro di Milano: se ci è venuto una volta e si è sentito a suo agio, d’ora in poi sarà un habitué; da cliente soddisfatto ora si sente membro di un club; non solo ritornerà, ma spargerà la voce tra i suoi conoscenti; è passato dal bisogno di soddisfare il desiderio di spendere, alla possibilità di risolvere e di rafforzare la propria identità.
Vendere un’esperienza, dopo tutto, è alla base della politica di Starbucks. Le fortune di questa catena globale di caffetteria, è avvenuta in seguito a una folgorazione a base di cappuccini del suo fondatore Howard Schultz mentre percorreva le vie del centro di Milano nel 1983. Schultz rimase sorpreso dall’atmosfera di amicizia che si respirava tra perfetti sconosciuti che bevevano l’espresso al bar e dal fatto che il barista chiamasse i clienti con il loro nome. Più che un bar, disse in seguito Schultz, sembrava una comunità. Pensò così, che esportare questo teatro all’italiana negli Usa, poteva essere la mossa che avrebbe permesso alla sua azienda di crescere e di diventare un brand globale. E con questi numeri di tutto rispetto: 15.700 operativi in 43 paesi, dati aggiornati al 2008.
Mentre Inhouse Coffee comincia la sua avventura globale nel far east e Starbuck continua la sua espansione ma a ritmi più ridotti rispetto ai travolgenti primi anni del nuovo secolo, si aprono i nuovi scenari in Italia per gli imprenditori più capaci, quelli che sapranno mettere a sistema le esperienze di un cappuccino sorseggiato a fior di labbra mentre si diffonde il profumo del narghilè.

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