
La meglio gioventù del cinema italiano, diretta da uno dei suoi più innovativi e rappresentativi registi, torna sul grande schermo per raccontare le vicende dei 40enni del terzo millennio. E lo fa senza tradire le attese.
“Baciami ancora” è un valzer che non conosce fine, i ritmi sono forsennati, scanditi dall’azzeccata colonna sonora e dalle storie assurde e vere dei suoi protagonisti. Non hai troppo tempo per pensare, il film è un ciclone che travolge lo spettatore. L’esperienza dei personaggi è semplicemente da vivere.
Ecco il grande merito di Gabriele Muccino: la sua creatura arriva senza trucchi e giri di parole. Priva di retoriche ma, per fortuna, anche di cinismo. Non ha bisogno di filtri. Il suo messaggio è diretto, realistico e al contempo surreale.
Il film è leggero e forte, vuoto ma pure profondo. Proprio come i tormentati giorni di quei ragazzi diventati uomini. Viaggia quindi in perfetta simbiosi con l’esistenza di Carlo, Giulia, Adriano, Paolo, Livia e gli altri.
Questa è l’esaltazione della commedia italiana, che sa divertire e commuovere, eterno punto di forza della cinematografia di casa nostra. Ovviamente rivista e corretta. E adatta ai linguaggi dinamici ed esasperati degli anni duemila.
La telecamera segue senza un attimo di tregua le avventure dei protagonisti, accarezza le loro gioie, nevrosi, crisi, angosce. Entra nel loro dolore e nella loro voglia di amare. Non c’è spazio o tempo per respirare e aspettare: c’è un figlio da recuperare, un amore da dimenticare, un paese lontano da raggiungere, una depressione da superare, un marito da allontanare, un matrimonio da salvare. Sì, non ti fermare: continua e corri. Vattene, ritorna. Baciami. Baciami ancora.