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Il successo del call center delle fatwe

L’abuso mediatico e popolare delle teorie delle cospirazioni tanto in voga nel mondo arabo ha in questi ultimi anni trovato un antagonista: la fatwa, l’editto religioso. Dai tempi di quella storica emessa da Khomeini che ha reso celebre Salman Rushdie, milioni ne sono passate da minareti, Tv, radio e siti internet. E come per le teorie cospirative, anche per le fatwe vale lo stesso principio: più sono irrazionali e assurde e più vantano credibilità.

L’ultima della serie giunge dall’Arabia Suadita e l’ha enunciata lo sceicco Mohamed al-Munajid. I topi sono creature del diavolo, ha proferito da una Tv satellitare araba. Bisogna ucciderli tutti, compreso anche quello dei cartoni animati, alias Mickey Mouse. Che scoop signori, l’establishment religioso dell’Arabia Saudita vuole cancellare Topolino dal mondo dei comics in piena guerra al terrorismo. Passi pure la fatwa contro un simbolo della cultura Yankee, ma quella della poppata alla segretaria in voga in Egitto l’anno scorso, qualche effetto collaterale deve averlo causato. In fondo. Quando il grande mufti del Cairo sancisce in nome di Allah che le donne possono togliersi il velo negli afosi uffici nella terra dei faraoni davanti ai propri colleghi di sesso maschile solo se suddette segretarie e impiegate instaurano un legame familiare biologico con i colleghi allattandoli dalle proprie mammelle possibilmente lontano dagli occhi degli altri compagni di lavoro, la credibilità dell’Islam va a farsi benedire. Probabilmente ha inciso in positivo sulla diminuzione del tasso di disoccupazione maschile in Egitto, ma dall’altra una fatwa del genere ha messo i giornali arabi nella condizione di affrontare il problema dell’incoerenza e dell’autoreferenzialità di troppe figure religiose che non sono ‘formate’ e che appena aprono bocca danneggiano l’immagine dell’islam e dei musulmani. E allora, per evitare ulteriori danni e per regolarizzare una competizione tra fatwe makers ormai fuori controllo, l’emiro di Abu Dhabi ha ordinato la costituzione del call center delle fatwe,ovvero un servizio in bound di telefonate attraverso il quale i fedeli troveranno risposte a tutti i loro quesiti sul comportamento islamico corretto.

Il call center in questione è operativo dall’inizio di quest’anno. La stampa araba ne ha parlato recentemente in quanto dopo i primi mesi di attività, i numeri non lasciano dubbi: il call center è stato un successo, sia in termini di credibilità dei professionisti che ci lavorano che dal punto di vista dell’ utilizzo da parte degli utenti. Situato in uno dei futuristici palazzi di Abu Dhabi, questa struttura può contare su 48 dipendenti di entrambi i sessi altamente qualificati che si alternano alle 14 linee completamente gratuite per gli utenti. Le domande si possono inviare anche tramite e-mail al sito del call center: www.awqaf.ae. La media mensile delle telefonate si aggira sulle 24mila. Durante il Ramadan la media è salita a 30 mila. Nelle intenzioni della innovativa classe dirigente di Abu Dhabi, questo call center intende contenere l’ascesa e l’abuso delle fatwe individuali concepite a seconda dell’umore dei religiosi e delle circostanze geopolitiche in medio oriente. Conferendo autorità suprema in materia di editti religiosi esclusivamente ai professionisti che ci lavorano, il call center delegittima una volta per tutte i dilettanti allo sbaraglio. Essi hanno approfittato del fatto che nell’islam sunnita ogni figura religiosa, sia quelle riconosciute dalle istituzioni che quelle che si improvvisano imam perché sfoggiano un linguaggio iper islamico corretto oppure perché recitano il Corano a memoria, hanno l’autorità di emettere fatwe. E come da copione, le più assurde sono quelle maggiormente prese in considerazione dai fedeli sempre più succubi dell’attitudine conservatrice delle loro guide spirituali.

Mentre le fatwe di questi ultimi anni hanno portato allo scoperto il piccolo diavolo che c’è in alcune figure religiose, i quesiti posti dai fedeli al call center e quelli che si leggono sui siti islamici, vertono per la maggior parte su temi sessuali. Per cui non c’è tanto da meravigliarsi se il call center, più che un servizio in bound per il fedele, possa venir frainteso come un servizio hotline.

 
 
Articolo pubblicato da Il Sole 24 Ore

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