Se la proposta di Calderoli di adeguare le buste baga in base al costo della vita di una determinata area del Paese, è assai discutibile, altrettanto opinabile è la scelta di alcuni politici di lanciare il grande partito del sud. L’idea del ministro leghista non favorirebbe lo sviluppo dell’intero territorio nazionale, rischiando di accentuare ulteriormente le differenze tra regioni ricche e povere.
Il famigerato partito del meridione, invece, nasce con un grosso handicap: l’assenza, proprio a sud, di una spinta della cosiddetta società civile Che, a quanto pare, non desidera affatto nuovi protagonisti sulla scena e – in alcuni casi – è abbastanza scontenta per l’operato di quelli che ci sono già.
Più che creare altri movimenti, quindi, occorre realizzare un piano nazionale in grado di riscrivere le regole dei rapporti tra enti locali e Stato centrale. Obiettivo che potrebbe essere raggiunto dall’attuazione di un federalismo fiscale incentrato sulla sussidiarietà, ma anche su concetti come la trasparenza e la responsabilità. Nella loro autonomia, le regioni avrebbero il diritto e il dovere di usufruire delle risorse nazionali solo in base alle effettive esigenze locali e azzerando così gli sprechi. I finanziamenti pubblici, invece di alimentare clientelismi e assistenzialismi, dovrebbero servire esclusivamente a far ripartire il sistema.
Questo dibattito estivo, che sembra non affievolirsi dopo le polemiche della scorsa settimana, ha comunque un aspetto positivo: quello di mettere di nuovo in risalto vecchi problemi del sud che nessuna generazione politica è stata in grado di risolvere davvero. Una discussione, a parte i soliti chiacchiericci utili a riempire le pagine dei giornali in un periodo morto, che ha anche forti connotazioni culturali e sociali: gli storici ritardi del meridione e il malcontento del nord sono temi di grande attualità. E i riflettori accesi, più che avvantaggiare rivendicazioni o vittimismi, devono servire a sensibilizzare opinione pubblica e istituzioni, al fine di accelerare gli interventi.
L’acceso confronto che coinvolge l’attuale maggioranza di governo conferma inoltre la vivacità politica del centrodestra, contro chi invece immaginava il Pdl come un monolite, una corazzata obbediente all’unico e solito “padrone”.
Il ruolo di Berlusconi, tuttavia, è anche stavolta di vitale importanza. A settembre al premier toccherà, come è nella natura delle cose, trovare la giusta sintesi per affrontare nel migliore dei modi il delicato tema.
Col pragmatismo e il decisionismo che, fino ad oggi, hanno contraddistinto il cammino dell’esecutivo.