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Il peccato originale del Pd

Da una parte la piazza, dall’altra i sogni di grande centro. In mezzo un leader costretto a mediare. Il Pd dell’era Bersani si muove tra  due poli. Tra l’antiberlusconismo urlante di Di Pietro e le nuove ambizioni di Casini e Rutelli. Due visioni diverse, che influenzano pesantemente il dibattito interno al partito più importante dell’opposizione. E che non favoriscono solo la dialettica, ma creano più di un grattacapo al nuovo segretario. Il No B Day poteva trasformarsi in una trappola politicamente mortale. L’ex ministro ha saputo tenersi lontano dalle insidie dell’evento, pur non riuscendo a mantenere compatta la truppa. C’è chi ha voluto partecipare e chi, come lui, ha preferito applaudire a debita distanza. Perché le riforme condivise non si fanno demonizzando il leader avversario. Pericolo quasi scampato.
Sull’altro fronte, invece, c’è da contenere l’avanzata centrista dell’ex sindaco di Roma, che potrebbe attrarre troppo i moderati democratici. La diaspora, Bersani lo sa, va evitata in ogni modo. Perché il Pd deve, per forza di cose, allargare i suoi orizzonti e non isolarsi, per poi galleggiare nei mari poco tranquilli del conservatorismo ideologico.
Il pragmatismo del numero uno democratico lascia comunque ben sperare gli osservatori: probabilmente riuscirà, con l’intelligenza e il carattere che lo contraddistinguono, a creare nel tempo un’alternativa plausibile al centrodestra. Contribuendo a civilizzare il confronto politico nel paese.
Ma la strada è davvero lunga e piena di ostacoli. Il problema è sempre lo stesso: la sinistra italiana è ancora orfana di quella grande idea liberale e riformista, che da sempre caratterizza la maggior parte dei progressisti nel resto del continente. E che potrebbe, di fatto, incrementare il bacino dei consensi e rilanciare la propria immagine. Oggi,  nella contrapposizione tra dipietrismo e centrismo, giustizialismo e moderatismo,  non sembra però esserci troppo spazio per coltivarla.
Su questo Bersani, come tutti i suoi predecessori, non può fare tanti miracoli. E’ un peccato originale quasi impossibile da cancellare. Servirebbe uno sconvolgimento, una nuova classe dirigente, cresciuta culturalmente dopo e non prima la caduta del Muro.
E per farcela, l’ultimo leader del Pd, dovrebbe politicamente negare se stesso.

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