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Il debutto di Al Jazeera negli Usa

La Cnn dice da dove è partito il missile. Al Jazeera dice dove è atterrato e i danni che ha prodotto. I media americani tendono a descrivere il mondo arabo e la galassia musulmana come dei monoliti simpatizzanti delle tesi di Al Qaeda. I media arabi considerano l’America come una superpotenza il cui potere è spartito tra le lobby ebraiche e la destra cristiana, ignorando la complessità e la varietà dei meccanismi sociali e mediatici che hanno portato una democrazia occidentale ad eleggere un presidente nero che ha un nome arabo e un padre africano e musulmano.
Questi sono i paradigmi che hanno animato la competizione e favorito la contrapposizione tra i media americani e quelli arabi sin dall’ inizio della guerra al terrorismo intrapresa dalla passata amministrazione americana. Ma qualcosa sta cambiando. «Ora che President Obama ha preso l’iniziativa dicendo che l’America e l’Islam non si escludono a vicenda e non hanno bisogno di essere in competizione, per riuscire a promuovere un nuovo understanding e dialogo tra occidente e Medio Oriente, anche Al Jazeera deve seguire questo esempio» ha detto Mohammed Elmeshawy, il direttore di Taqrir Washington, un settimanale on line che fotografa la realtà sociale e politica americana per un’audience araba. L’atteso passo è stato fatto. Al Jazeera international (AJI) è sbarcata negli Stati Uniti. Dal primo luglio, il network arabo in lingua inglese raggiunge i duemilioni e trecento mila abbonati della Tv via Cavo MHZ Networks dell’area di Washington. Ora, a giudicare se ALJ sia l’estensione mediatica in inglese della propaganda di Al Qaeda and company, o un network di professionisti non eurocentrici che opera nel settore delle news, sarà il mercato a dirlo.
AJ I è stata lanciata il 15 novembre 2006. All’epoca raggiungeva 80 milioni di spettatori. Oggi sono 100. Ha 18 sedi sparse nel mondo e circa 700 addetti ai lavori. Per linguaggio e stile assomiglia molto alla Bbc. Mentre la grafica è più vicina a quella della Cnn. A differenza dei suoi competitori, ALJ diversifica le fonti e area di interesse. Il 75% delle notizie copre, oltre al Medio Oriente, anche l’Africa, l’America latina e l’Asia. «Il punto di vista che caratterizza le nostre notizie», ha detto uno dei volti più noti di AJI Dave Marash in un’intervista a USATODAY, «è quello che parte più dal basso, dal sud del mondo verso il nord». In altre parole, esiste un diverso, che non sarà mai come noi lo vogliamo. Ma, conoscendolo bene, quel diverso, scopriamo che ha tanti punti in comune con noi e che il suo punto di vista conta come il nostro. A questo proposito, lo scrittore e sociologo libanese Amin Maalouf, autore del best seller «Le crociate viste dagli arabi» e vincitore del premio Prix Mediterranèe nel 2004, sostiene che sarebbe disastroso se la mondializzazione in corso funzionasse a senso unico, da una parte chi trasmette e dall’altra chi riceve; da una parte la «norma», dall’altra le «eccezioni» ; da una parte coloro che sono convinti che il resto del mondo non possa insegnare loro nulla, dall’altra coloro che sono persuasi che il mondo non vorrà mai ascoltarli.
Visto dal sud e dall’est è l’Occidente a dominare e sottovalutare altre culture. Ma quando ci si sposta negli Stati Uniti, la realtà è diversa da quella che gli arabi leggono con il filtro dei loro media governativi. Le cosiddette minoranze non ostentano i segni delle proprie diversità in segno di contrapposizione con il resto della società. Esse sono elementi indispensabili della ricchezza e del dinamismo degli Stati Uniti. D’altro canto però, agli americani gioverà una lettura di loro stessi attraverso le lenti di un network come AJI che parla la stessa lingua della Cnn ma usa un linguaggio meno eurocentrico.
L’ascesa di AJI in America e in altri paesi del mondo farà anche bene agli altri network arabi. La realtà fotografata dall’ultimo The Middle East Journalist Survey 2009, un’ analisi sullo stato di salute dei media arabi condotto in 13 paesi con interviste a 219 giornalisti, sostiene che i media arabi si affidano prevalentemente ai comunicati stampa e non approfondiscono le notizie e che le scadenze non vengono rispettate. Sempre secondo il survey, l’interferenza degli establishment politici è superiore rispetto al passato, come del resto è aumentata la pressione da parte delle agenzie di pubblicità sull’indipendenza editoriale e sui contenuti dei programmi. Politica e sponsor: insidie e tentazioni a cui è difficile resistere. In tutto il mondo e sotto tutte le latitudini (da il Sole24Ore).

 

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