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Gheddafi a Roma tra polemiche e contraddizioni

La tre giorni di Muammar Gheddafi, leader libico, a Roma ha sollevato numerosi voci da tutti i schieramenti: chi approvava, chi protestava, chi se ne infischiava, chi rimaneva deluso da certi comportamenti. Più di dodici ore di ritardo accumulate nel corso dei vari incontri della sua agenda. Una assenza, poi, quella dalle Camere, che ha suscitato l’amarezza fra le tre più alte cariche dello Stato. Se Fini dopo più di due ore di ritardo della delegazione libica ha dovuto disdire l’incontro per “tutelare l’Italia e le sue istituzioni”, dal Campidoglio Alemanno non ha accettato lezioni di democrazia da un leader che, come quello libico, si è servito in passato di strumenti e metodi terroristici per far sentire la voce del proprio Paese nella comunità internazionale.
E’ questa, ancora una volta, l’Italia delle contraddizioni: un’Italia che vive il sogno diplomatico, che vuol chiudere i conti della propria passata era coloniale e si scusa per i danni cagionati strappando 5 miliardi di dollari di assegni in 20 anni a titolo di risarcimento, ma non menziona che spesso le colonizzazioni sono state anche foriere di progresso materiale e spirituale, poichè gli italiani che si impegnavano in Libia non facevano solo i padroni, ma costruivano strade, ponti e scuole in un paese lontano anni luce dalle avanguardie tecnologiche.
Un’Italia, ancora, che accoglie in pompa magna il Colonnello nel proprio utero botanico, la splendida Villa Pamphili, con amazzoni, guardie del corpo, tappeti rossi e lussuosi regali, e un’altra, invece, che vocifera sottili amarezze e poi urla a gran voce suon di proteste alla Sapienza. L’Italia dei collettivi impetuosi e il Belpaese col sorriso di cortesia stampato sempre in faccia. L’Italia di chi deve chiedere il permesso per parlare e l’Italia dei “chissenefrega”.
Eccentriche, comunque, paiono a sprazzi le dichiarazioni rilasciate dal leader. Parla alla Carfagna di rivoluzione rosa, poi alla platea del Campidoglio ammonisce: “Il partitismo è l’aborto della democrazia. Se il popolo italiano me lo chiedesse, io darei il potere al popolo italiano, annullerei i partiti”. Infine agli astanti senatori di Palazzo Giustiniani condanna l’intervento Usa in Iraq, fatto non per contrastare il terrorismo, ma per contrapporne uno diverso, ossia quello statunitense. Conclusione della filippica è un jaccuse rivolto agli italiani stessi e a un imbarazzatissimo Ministro degli Esteri, per menzionare le ferite lasciate dai bombardamenti e dalle insurrezioni di occupazione sulle coste libiche.
In occasione dell’incontro con la Marcegaglia, nella sede di Confindustria all’Eur, Gheddafi ha affermato: “Se in Italia ci fosse la sinistra al governo, le fortune delle imprese sarebbero minori. Finché c’è Berlusconi le opportunità saranno maggiori”. Magra consolazione, questa, per coloro che si aspettavano un cambiamento nelle posizioni, ma che hanno trovato nuovamente un Paese ancorato ai propri chiodi culturali, da temere e da rendere ineluttabilmente amico nel contesto delle relazioni dell’area islamica.

 

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