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Folgore!

Sei urla nel silenzio. Sei squarci nei cuori di migliaia di persone accorse ad onorare i paracadutisti italiani caduti a Kabul. Silenzio impressionante, occhi lucidi, sconforto degli anziani commilitoni e al transito dei feretri il grido agghiacciante che accompagna, prima all’interno della chiesa e poi al campo santo,  i nostri nuovi sei eroi. Il silenzio inquietante trafitto dal passaggio delle frecce tricolore per dare un senso di gloria ad un funerale.
Un funerale di sei ragazzi morti per la libertà di un popolo e per combattere un nemico invisibile e vigliacco, nascosto tra grotte e radure, nei bazar e nelle moschee.
Tutta Italia si stringe attorno alle famiglie, alle madri,  alle mogli e ai figli di sei ragazzi spediti in una terra ostile per combattere ed esportare il nostro concetto di libertà ad un popolo che non ne conosce il senso.
Una città a lutto, quasi a far ricordare a tutti che alla fine della fiera quei sei ragazzi ci rappresentavano nel mondo. Migliaia di bandiere tricolore distribuite tra la folla per dire a tutti i familiari delle vittime che siamo tutti italiani in queste occasioni. Forse lo siamo un po’ di più durante la finale dei mondiali di calcio, perché in quel caso le bandiere italiane bisogna comprarle, non le regala nessuno.
Ma l’Italia intera si stringe attorno ai suoi eroi ed il tricolore sventola fiero in ogni angolo dello Stivale, quasi a dire che non ci piegheranno, continueremo a combattere una guerra in cui serve esserci, in cui bisogna essere presenti per esportare democrazia ad un popolo che non né può apprezzare le virtù.
Ma da domani ritorneremo a non essere più tanto italiani e le bandiere verranno ripiegate nei cassetti fino al prossimo giugno in occasione del mondiale sudafricano.
Resta solo l’immagine di un bambino: col berretto amaranto del suo papà, che in braccio alla mamma, tenuto per mano da un generale, con la mano a coprirsi la bocca guarda stupito il bagno di folla accorso ad onorare il padre morto ammazzato in una missione italiana di peace living. Che tra 150 anni verrà paragonata alla guerra di Crimea.
Ma ormai nelle guerre l’importante non è più vincere, ma partecipare.

ora che è morto la patria si gloria/d’un altro eroe alla memoria
ma lei che lo amava aspettava il ritorno/d’un soldato vivo, d’un eroe morto che ne farà?
se accanto nel letto le è rimasta la gloria/d’una medaglia alla memoria.

Un parà non piange mai per un proprio caduto. E allora onore ai caduti: FOLGORE!

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